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[2677,1]  {Puoi vedere p. 3791.} Tutti gl'imperi, tutte le nazioni ch'hanno ottenuto dominio sulle altre, da principio hanno combattuto con quelli di fuori, co' vicini, co' nemici: poi liberati dal timore esterno, e soddisfatti dell'ambizione e della cupidigia di dominare sugli stranieri e di possedere quel di costoro, e saziato l'odio nazionale contro l'altre nazioni, hanno sempre rivolto il  2678 ferro contro loro medesime, ed hanno per lo più perduto colle guerre civili quell'impero e quella ricchezza ec. che aveano guadagnato colle guerre esterne. Questa è cosa notissima e ripetutissima da tutti i filosofi, istorici, politici ec. Quindi i politici romani prima e dopo la distruzion di Cartagine, discorsero della necessità di conservarla, e se ne discorre anche oggidì ec. L'egoismo nazionale si tramuta allora in egoismo individuale: e tanto è vero che l'uomo è per sua natura e per natura dell'amor proprio, nemico degli altri viventi e se-amanti; in modo che s'anche si congiunge con alcuno di questi, lo fa per odio o per timore degli altri, mancate le quali passioni, l'odio e il timore si rivolge contro i compagni e i vicini. Quel ch'è successo nelle nazioni è successo ancora nelle città, nelle corporazioni, nelle famiglie ch'hanno figurato nel mondo ec. unite contro gli esteri, finchè questi non erano vinti, divise e discordi e piene d'invidia ec. nel loro interno, subito sottomessi gli estranei. {+Così in ciascuna fazione di una stessa città, dopo vinte le contrarie o la contraria. V. il proem. del lib. 7. delle Stor. del Machiavello.} Ed è bello a questo proposito un passo di Plutarco sulla fine del libro Come si potria trar giovamento da' nimici (Opusc. mor. di Plut. volgarizzamento da Marcello Adriani il giovane. Opusc. 14. Fir. 1819. t. 1. p. 394.) La qual cosa ben parve che comprendesse  2679 un saggio uomo di governo nominato Demo, il quale, in una civil sedizione dell'isola di Chio, ritrovandosi dalla parte superiore, consigliava i compagni a non cacciare della città tutti gli avversarj, ma lasciarne alcuni, acciò (disse egli) non incominciamo a contendere con gli amici, liberati che saremo interamente da' nimici: così questi nostri affetti * (soggiunge Plutarco, cioè l'emulazione, la gelosia, e l'invidia) consumati contra i nimici meno turberanno gli amici. * {+(V. ancora gl'Insegnamenti Civili di Plut. dove il citato Volgarizzamento p. 434. ha Onomademo in vece di Demo {{: ὄνομα Δῆμος.}})}