[2702,1]
2702 Materia della pigrizia non sono propriamente le
azioni faticose, ma quelle, faticose o no, nelle quali non è piacere presente, o
vogliamo dire opinione di piacere. Niuno è pigro al bere o al mangiare. Lo
studio è cosa faticosissima. Ma se l'uomo vi prova piacere, ancorchè pigro ad
ogni altra cosa, non sarà pigro a studiare, anzi travaglierà nello studio
gl'interi giorni. E forse la massima parte delle persone assolutamente studiose,
sono infingarde, e pure nello studio operano e si affaticano continuamente. Il
fine dei pensieri e delle azioni dell'uomo è sempre e solo il piacere. Ma i
mezzi di conseguir quello che l'uomo si propone come piacere, ora hanno piacere
in se stessi, ora no. Questi ultimi sono materia della pigrizia, ancorchè
domandino pochissima fatica, ancorchè il piacere a cui condurrebbero sia
vicinissimo e prontissimo e certissimo, ancorchè l'uomo faccia molta stima di
questo piacere e lo desideri, ancorchè finalmente il fine al quale questi mezzi
conducono sia necessario, o molto
2703 utile ad
ottenere altri piaceri. Così l'uomo si astiene di comparire a una festa (dove
crede che si sarebbe trovato con piacere) per non assettarsi; e se si fosse
trovato all'ordine, o se non se gli fosse richiesto d'assettarsi, sarebbe andato
alla festa: la qual era pure un piacer vicino e pronto, e che si otteneva
certamente con un'ora di pochissima fatica. Così la pigrizia ritiene ancora da
quei travagli che sono necessari a procacciarsi il mangiare e il bere, perchè
essi in se non hanno piacere. Così da cento altre azioni utili, cioè conducenti
più o men tosto al piacere (giacchè questo è il significato di utile), ma non
piacevoli in se: e tanto più quanto più è lontano il piacere ch'esse
procacciano, e quanto elle sono più faticose, più lunghe, e meno piacevoli.
(20. Maggio 1823.).
Manuale di filosofia pratica.Memorie della mia vita.Pigrizia.Paradossi.