[270,3] La ragione è debolissima e inattiva al contrario della
natura. Laonde quei popoli e quei tempi nei quali prevale più o meno la ragione
saranno stati e saranno sempre inattivi in proporzione della influenza di essa
ragione. Al contrario dico della natura. Ed un popolo tutto ragionevole o
filosofo non potrebbe sussistere per mancanza di movimento e di chi si prestasse
agli uffizi scambievoli e necessari alla vita. ec. ec. E infatti osservate
quegli uomini (che non sono rari oggidì) stanchi del mondo e disingannati per
lunga esperienza, e possiamo dire, renduti perfettamente ragionevoli. Non sono
capaci d'impegnarsi in nessun'azione, e neanche desiderio. {+Simili al march. D'Argens, di cui dice Federico
nelle Lettere, che per pigrizia, non avrebbe voluto
pur respirare, se avesse potuto.} La conseguenza della loro
stanchezza, esperienza, e cognizione delle cose è una perfetta indifferenza che
li fa seguire il moto altrui senza muoversi da se stessi, {anche nelle cose che li riguardano.} Laonde se questa indifferenza
potesse divenire universale
271 in un popolo, non
esistendovi moto altrui, non vi sarebbe movimento di nessuna sorta.