[2759,2] Chi vuol manifestamente vedere la differenza de'
tempi d'Omero da quelli di Virgilio, quanto ai costumi, e alla
civilizzazione, e alle opinioni che
2760 s'avevano
intorno alla virtù e all'eroismo, {+siccome anche quanto ai rapporti scambievoli delle nazioni, ai diritti e al
modo della guerra, alle relazioni del nimico col nimico;} e chi vuol
notare la totale diversità che passa tra il carattere e l'idea della virtù
eroica che si formarono questi due poeti, e che l'uno espresse in Achille e l'altro in Enea, consideri quel luogo dell'Eneide (X. 521-36.) dov'Enea fattosi sopra Magone che gittandosi in terra e abbracciandogli le
ginocchia, lo supplica miserabilmente di lasciarlo in vita e di farlo cattivo,
risponde, che morto Pallante, non ha
più luogo co' Rutuli alcuna misericordia nè alcun commercio di guerra, e spietatamente pigliandolo per la
celata, gl'immerge la spada dietro al collo per insino all'elsa. Questa scena e
questo pensiero è tolto di peso da Omero, il quale introduce Menelao sul punto di lasciarsi commuovere da simili prieghi, ripreso
da Agamennone, che senza alcuna pietà
uccide il troiano già vinto e supplichevole.