[3505,1] Certo l'uomo desidererà sempre di esser liberato dai
dolori e dai mali ch'egli effettivamente prova, e di conseguire quelli ch'ei
crederà beni in questa vita, e di esser felice in questo mõdo[mondo] in ch'egli vive. E non potendo mai lasciare di
desiderarlo niente più ch'ei possa ottenerlo, e la religion cristiana non
soddisfacendo a questo suo unico e
perpetuo desiderio, nè promettendogli di soddisfarlo mai per niun modo,
anzi non dandogliene speranza alcuna, segue che le speranze cristiane non sieno
atte a consolare effettivamente
3506 il mortale, nè ad
alleviare i suoi mali nè i suoi desiderii. E la felicità promessa dal
Cristianesimo non può al mortale parer mai desiderabile, se non in quanto
infinita, anzi in quanto perfetta (chè infinita e non perfetta nol
contenterebbe), {e in quanto felicità, astrattamente
considerata,} ma non già in quanto tale qual ella è, e di quella
natura di ch'ella è. Ed oso dire che la felicità promessa dal paganesimo (e così
da altre religioni), così misera e scarsa com'ella è pure, doveva parere molto
più desiderabile, massime a un uomo affatto infelice e sfortunato, e la speranza
di essa doveva essere molto più atta a consolare e ad acquietare, perchè
felicità concepibile e materiale, e della natura di quella che necessariamente
si desidera in terra.