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L'Essai sur
l'indifférence en matière de religion, prima o seconda pagina
del Capo 9. Ed è
rimarcabile che tutti gli uomini... uniscono costantemente all'idea
della felicità, l'idea del riposo, che non è altro fuorchè quella
pace profonda, inalterabile, di cui gode necessariamente un essere
pervenuto alla sua perfezione, e che S. Agostino chiama per eccellenza, la
tranquillità dell'ordine... In una parola non si trova felicità
fuorchè nel seno dell'ordine; e l'ordine è la sorgente del bene,
come il disordine è la sorgente del male, tanto nel mondo morale,
quanto nel mondo fisico; tanto pei popoli, quanto per
gl'Individui.
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L'amore dell'ordine, o l'idea della
necessità dell'ordine, che è quanto dire dell'armonia e convenienza, è innata,
assoluta, universale, giacchè è il fondamento del raziocinio, e il principio
della cognizione o del giudizio falso o vero. Ma l'idea di un tal ordine, è
variabile, dipendente dall'abitudine, opinione, ec. è relativa, e particolare.
Il desiderio del riposo, non è in quanto riposo, o quiete, ma {1.} in quanto convenienza, armonia ec. colle qualità e
la natura della specie o dell'individuo. 2. in quanto stabilità, o capacità di
durare. L'uomo e nessun altro essere, non può trovar bene se non se in
377 uno stato che armonizzi colle sue qualità e natura.
Senza questo stato, egli è in una condizione di contrasto, di sconvenienza, e
perciò travaglioso, non per l'assenza della quiete assolutamente, ma
dell'armonia relativa. Se alla sua natura convenisse la guerra, il moto
perpetuo, l'azione continua, egli sarebbe in istato di pena, e violento, quando
fosse costretto al riposo propriamente detto, e non riposerebbe, vale a dire,
non troverebbe felicità, se non che nella guerra o fatica. Il riposo {e la pace} per lui sarebbe disordine, e la fatica {e la guerra} ordine. Sicchè il riposo che noi
desideriamo, non è riposo o quiete assolutamente, ma armonia colla nostra natura
tanto specifica, quanto individuale. Così diremo della stabilità, perchè quello
che contrasta colla nostra natura, se anche ha l'atto della durata, non ha la
potenza o il diritto, cosicchè l'uomo non ci può trovar quiete. Al contrario nel
caso opposto. Ma questa quiete non è quiete assoluta, quasi che la quiete fosse
essenzialmente e primordialmente buona; bensì è quiete relativa, o vogliamo dire
armonia. Non bisogna dunque usare le proposizioni astratte nelle cose relative,
nè pretendere di aver dimostrato che noi amiamo naturalmente un tal ordine,
perciò che amiamo l'ordine. Amiamo l'ordine, l'amano tutti gli esseri; ma qual
ordine? Odiamo il disordine, ma qual è questo disordine? Ciò bisogna
378 cercare, qui di nuovo i filosofi si dividono, e dal
principio antecedente, incontrastabile e confessato, invano si presume di
ricavar nulla di definito e concreto, circa la questione, dello stato e
perfezione destinata particolarmente all'uomo, e desiderata da lui ardentemente.
Io dico dunque: lo stato di perfezione, quello stato di ordine, fuori del quale
non c'è riposo, fuor del quale non c'è la tranquillità dell'ordine, nè la
felicità, è per l'uomo, come per tutte le altre cose esistenti, quello stato in
cui la natura l'ha posto di sua propria mano, e non quello in cui egli o si sia
posto, o si debba porre da se.