[4229,4] È naturale all'uomo, debole, misero, sottoposto a
tanti pericoli, infortunii e timori, il supporre, il figurarsi, il fingere anco
gratuitamente un senno, una sagacità e prudenza, un intendimento e
discernimento, {una perspicacia, una esperienza}
superiore alla propria, in qualche persona, alla quale poi mirando in ogni suo
duro partito, si riconforta o si spaventa secondo che vede quella o lieta o
trista, o sgomentata o coraggiosa, e sulla sua autorità si riposa senz'altra
ragione; spessissimo eziandio, ne' più gravi pericoli e ne' più miseri casi, si
consola e fa cuore, solo per la {buona speranza e}
opinione, ancorchè manifestamente falsa o senza niuna apparente ragione, che
egli vede o s'immagina essere in quella tal persona; o solo anco per una ciera
lieta o ferma che egli vede in quella. Tali sono assai sovente i figliuoli,
massime nella età tenera, verso i genitori. Tale sono stato io, anche in età
ferma e matura, verso mio padre; che in ogni cattivo caso, o timore, sono stato solito per
determinare, se non altro, il grado della mia afflizione o del timor mio
proprio, di aspettar di vedere o di congetturare il suo, e l'opinione e il
giudizio che
4230 egli portava della cosa; nè più nè
meno come s'io fossi incapace di giudicarne; e vedendolo {o
veramente o nell'apparenza} non turbato, mi sono ordinariamente
riconfortato d'animo sopra modo, con una assolutamente cieca sommissione alla
sua autorità, o fiducia nella sua provvidenza. E trovandomi lontano da lui, ho
sperimentato frequentissime volte un sensibile, benchè non riflettuto, desiderio
di tal rifugio. Ed è cosa {mille volte} osservata {e veduta per prova} come gli uomini di guerra, anche
esperimentatissimi e veterani, sogliano pendere nei pericoli, nei frangenti,
nelle calamità della guerra, dalle opinioni, dalle parole, dagli atti, dal
volto, di qualche lor capitano, eziandio giovane e immaturo, che si abbia
guadagnato la lor confidenza; e secondo che veggono, o credono di veder fare a
lui, sperare o temere, dolersi o consolarsi, pigliar animo o perdersi di
coraggio. Onde suol tanto giovare nel Capitano la fermezza d'animo, e la
dissimulazione del dolore o del timore nei casi ov'è sommamente da temere o
dolersi. E questa qualità dell'uomo è ancor essa una delle cagioni per cui tanto
universalmente e così volentieri si è abbracciata e tenuta, come ancor si tiene,
la opinione di un Dio provvidente, cioè di un ente superiore a noi di senno e
intelletto, il qual disponga ogni nostro caso, e indirizzi ogni nostro affare, e
nella cui provvidenza possiamo riposarci dell'esito delie cose nostre. (9.
Dic. Vigilia della Venuta della S. Casa di Loreto. 1826.
Recanati.). La credenza di un ente senza
misura più savio e più conoscente di noi, il quale dispone e conduce di continuo
tutti gli avvenimenti, e tutti a fin di bene, eziandio quelli che hanno maggior
sembianza di mali per noi, e che veglia sulla nostra sorte; e tutto ciò con
ragioni e modi a noi sconosciuti, e che noi non possiamo in guisa alcuna
scoprire nè intendere, di maniera che non dobbiamo darcene pensiero veruno;
questa credenza è agli uomini universalmente, e massime ai deboli ed infelici,
un conforto maggior d'ogni altro possibile: il qual conforto non da altro
procede, nè consiste in altro, che un riposo, uno acquetamento, ed una
confidenza
4231 cieca nell'autorità, nel senno, e nel
provvedimento altrui. (9. Dic. 1826.).