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[4346,1]  Noi ridiamo di quell'antico modo di pubblicazione; forse quegli antichi riderebbero assai del nostro. {Certo} non potremo negare che quella non fosse e naturale (anzi la sola naturale), e vera pubblicazione. Noi diciamo aver pubblicato un componimento quando ne abbiam fatto tirare qualche centinaio di copie, che andranno al più in qualche centinaio di mani; come se quelle centinaia di lettori fossero la nazione: e la nazione veramente, il vero pubblico, il popolo, non ne sa assolutamente nulla. Pubblicare allora, era {dare ed} esporre al popolo, che oggi è straniero alle nostre edizioni. Come già Plato (Phaedr. p. 274. E) atque alii veteres philosophi iudicaverunt inventas litteras profuisse disciplinis, {sed} obfuisse discentibus, adeo ut quae inventio medicamen memoriae dicta esset, eadem non  4347 immerito noxa ejus et pernicies diceretur * (Wolf, §. 24. p. ci - cii.), così non sarebbe men paradosso e forse più vero il dire che la scrittura, celebrata per aver popolarizzata l'istruzione, è stata al contrario per una parte la causa di depopolarizzar la letteratura, la quale una volta non poteva vivere che presso il popolo, e di separar dal popolo i letterati, i quali già ne fecero necessariamente parte. La scrittura sola ha reso possibile una letteratura più colta, polita e perfetta, la quale di sua natura non può essere, e non sarà mai, popolare. (Oggi {siamo a un punto, che} per farla tale, bisogna sperfezionarla, tornarla a una specie d'infanzia, a una rozzezza, {sacrificando il bello all'utile.}) {+V. p. 4367. Nè solo la prosa, {e le scritture dottrinali,} ma la poesia, che da prima, come si è veduto, ebbe per suoi propri uditori il popolo; {che costituì tutta la letteratura quando la letteratura fu popolare}; che anche oggi si grida, e per tutti i secoli antichi e moderni, si è gridato, dover esser popolare, esserlo già essa di sua natura; la poesia ancora è stata perduta dal popolo per colpa della scrittura; anzi esso è il genere più lontano dal popolare, e il più difficile ad esser tornato tale; anzi impossibile, se non quando la poesia di qualunque nazione e letteratura moderna, non si riformi, ma si sbandisca affatto, e se ne crei una in tutto e per tutto nuova. {{V. p. 4352.}}}