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46 Quando colla lettura col tratto col discorso coi
trattenimenti o letterari o di qualunque genere (ma massime coi libri in quanto
al gusto dello scrivere, e colla conversazione degli uomini in quanto al
costume) ci siamo formati un abito cattivo, crediamo che quello sia natura,
giacchè non c'è cosa tanto simile e facile ad esser confuso[confusa] colla natura anche da' più oculati e da' filosofi,
quanto l'abito; e pretendiamo di dover seguire quell'abito p. e. nello scrivere,
(giacchè di questo io voglio qui parlare specialmente come quelli a cui pare che
lo scrivere in un italiano francese sia natura, e così la corruzione del gusto
in ogni genere e parte di scrittura e di stile) dicendo ch'è natura, e che così
vi viene spontaneamente e che la poesia deve fluire dalla natura e cose tali. Ma
non è natura, è abito, e abitaccio pessimo, e volete vederlo? se siete veramente
di buona indole per le B. A.[Belle Arti]
leggete i veri poeti e scrittori, particolarmente i greci, e vedrete subito che
quella è natura, e vi maraviglierete (come infatti succede, che quasi paiano due
naturalezze e non si sappia capir come, e dall'altra parte
queste[questa] duplicità ci faccia stupire)
come sia tanto differente da quella che voi credete che sia natura, eppur non
potete negare che questa non sia perch'è troppo evidente. Ed ecco se volete
esser poeta e servirvi di quello che vi somministra la natura, naturalmente, e
rettamente, cominciate, se siete uomo di giudizio, a conoscer la necessità
assolutissima dello studio, (oh bestemmia! necessario lo studio per iscrivere e
poetar bene) e della lezione dei classici e delle arti poetiche e dei trattati
ec. ec. e vedete appoco appoco la somma difficoltà d'imitare e seguir quella
natura che prima confondendola coll'abito giudicavate così facile a esprimere,
perchè infatti non c'è cosa più facile a seguire che l'abito, nè più difficile a
contrariare, il che appunto fa la somma difficoltà del seguir la natura vera, e
ciò non si ottiene senza un contrabito tanto più difficile del primo quanto
bisogna erigerlo dai fondamenti, (del che in quell'altro essendo venuto su
appoco appoco, nell'età fresca, e da se, senza nostra fatica, non ci eravamo
accorti) erigerlo sbarbando prima l'altro, e questa è la gran fatica che in
quell'altro non ci fu punto, e finalmente erigerlo continuarlo e finito
conservarlo in mezzo a infinite cose (come letture necessarie, discorsi, {commercio usuale per negozi ec.} trattenimenti
conversazioni corrotte secondo il solito, {corrispondenze} ascoltazione di discorsi altrui ec. ec.) che lo
contrastano, tanto più pericolose quanto vi richiamano a quell'altro abito prima
già fatto, onde il luogo resta sempre lubrico, ed è facile lo scivolare nel
cattivo. E così è necessarissimo lo studio per ben servirsi di quella natura,
senza la quale bensì non si fa niente, ma colla quale sola avreste ben forse
potuto quasi tutto, ma non potete più nulla, anzi meno del nulla, giacchè non
potete non far male, a cagione dell'abito inevitabile fatto contro di lei.