[531,1]
531 Lascio stare il timore e lo spavento proprio di
quell'età (per mancanza di esperienza e sapere, e {per}
forza d'immaginazione {ancor vergine e fresca):} timor
di pericoli di ogni sorta, timore di vanità e chimere proprio solamente di
quell'età, e di nessun'altra; timor delle larve, sogni, cadaveri, strepiti
notturni, immagini reali, spaventose per quell'età e indifferenti poi, come
maschere ec. ec. (v. il Saggio sugli Errori popolari
degli antichi.) Quest'ultimo timore era così terribile in
quell'età, che nessuna sventura, nessuno spavento, nessun pericolo per
formidabile che sia, ha forza in altra età, di produrre in noi angosce, smanie,
orrori, spasimi, travaglio insomma paragonabile a quello dei detti timori
fanciulleschi. L'idea degli spettri, quel timore spirituale, soprannaturale,
{sacro,} e di un altro mondo, che ci agitava
frequentemente in quell'età, aveva un non so che di sì formidabile e smanioso,
che non può esser paragonato con verun altro sentimento dispiacevole dell'uomo.
Nemmeno il timor dell'inferno in un moribondo, credo che possa essere così
intimamente terribile. Perchè la ragione e l'esperienza rendono inaccessibili a
qualunque sorta di sentimento, quell'ultima e profondissima
532 parte e radice dell'animo e del cuor nostro, alla quale penetrano
e arrivano, e la quale scuotono e invadono le sensazioni fanciullesche o
primitive, e in ispecie il detto timore. (20. Gen. 1821.). {{V. p. 535. capoverso 1.}}