[570,1] Il solo preservativo contro la troppa e nocevole
disuguaglianza nello stato libero, è la natura, cioè le illusioni naturali, le
quali diriggono l'egoismo e l'amor proprio, appunto a non voler nulla più degli
altri, a sacrificarsi al comune, a mantenersi nell'uguaglianza, a difendere il
presente stato di cose, e rifiutare ogni singolarità e maggioranza, eccetto
quella dei sacrifizi, dei pericoli, e delle virtù conducenti alla conservazione
della libertà ed uguaglianza di tutti. Il solo rimedio contro le disuguaglianze
che pur nascono, è la natura, cioè parimente le illusioni naturali, le quali
fanno e che queste disuguaglianze non derivino se non dalla virtù e dal merito,
e che la virtù e l'eroismo comune della nazione, le tolleri, anzi le veda di
buon occhio, e senza invidia, e con piacere, come effetto del merito, e non si
sforzi di arrivare a quella superiorità, se non per lo stesso mezzo della virtù
e del merito. E che quelli che hanno conseguita la detta superiorità, sia di
gloria, sia di uffizi e dignità (giacchè quella di ricchezze, e altri tali
vantaggi, non ha luogo finchè dura nella
571 repubblica
l'influenza della natura), non se ne abusino, non cerchino di passar oltre,
sieno contenti, anzi impieghino il poter loro a mantener l'uguaglianza e
libertà, si comunichino agli altri, diminuiscano l'invidia de' loro vantaggi col
fuggire l'orgoglio, la cupidigia, il disprezzo o l'oppressione degli inferiori
ec. ec. ec. E tutto questo accadeva effettivamente nei primi e migliori tempi
delle antiche democrazie, cioè ne' più vicini alla natura, e per gli effetti e
le opere e i costumi, e materialmente per l'età. Ma spente le illusioni, scemata
o tolta la natura, tornato in campo il basso egoismo fomentato dai vantaggi e
dai mezzi d'ingrandimento nei superiori, irritato negl'inferiori dalla stessa
inferiorità, aggiunte le ricchezze, il lusso, le clientele, gl'impegni, le ambitiones, la filosofia, l'eloquenza, le arti, e le
altre infinite corruzioni e πλεονεξίαι della società, le democrazie
s'indebolirono, crollarono e finalmente caddero. E qui torniamo al principio del
nostro discorso,
572 cioè come i governi che paiono e si
trovano oggi imperfettissimi, e {talora} insostenibili,
fossero o perfetti, o buoni, ed anche utilissimi da principio, e durante i
costumi naturali. E come non vi sia peste, nè maggiore nè più certa a
qualsivoglia stato pubblico, che la corruzione, e l'estinzione della natura. E
come quei governi che durando la natura erano buoni, cessata la natura divengono
senz'altro pessimi. E come alla natura non si può supplire, e la mancanza di lei
non ha rimedio nessuno; nè senza lei si può mai sperare perfezione o felicità di
governo fino alla fine dei secoli; ma tutto (e sia pure il governo il più
profondamente studiato, combinato, e perfettamente filosofico) sarà sempre
imperfettissimo, pieno di elementi discordanti, mal adattato all'uomo (al quale
nulla si può più adattare, quand'egli non è più quello che dovrebb'essere),
inetto alla vera felicità; e quindi o in fatto, o certo nella vera teorica,
precario, istabile, mal situato, mal piantato, barcollante, incongruente,
incoerente,
573 falso ec. Il che si potrà anche vedere
da quello che segue.