[716,1] Ma bisogna osservare che di rado avviene che la gioia
ancorchè grande e straordinaria, ci renda attoniti, e quasi senza senso, e che
la sua grandezza ne renda impossibile il pieno e distinto sentimento. Questo ci
accadeva forse e senza forse da fanciulli, e sarà pure senza fallo avvenuto
negli uomini primitivi; ma oggidì per poco che l'uomo abbia di esperienza e di
cognizione, è ben difficile che sia suscettibile di una gioia, la quale sia
tanta da non poter essere contenuta pienamente nell'animo suo, e da ridondare.
Bensì egli è suscettibilissimo (almeno il più degli uomini) di un tal dolore. Ma
la somma gioia dell'uomo di oggidì, è sempre o certo ordinariamente tale che
l'animo n'è capacissimo; e questo, non ostante ch'egli vi debba necessariamente
esser poco assuefatto, laddove quanto al dolore o a qualunque passione
dispiacevole, non è così. Ma il fatto
717 sta che il
male, soggetto del dolore e delle passioni dispiacevoli, è reale; il bene,
soggetto della gioia, non è altro che immaginario: e perchè la gioia fosse tale
da superare la capacità dell'animo nostro, si richiederebbe, come ne' fanciulli
e ne' primitivi, una forza e freschezza d'immaginazione persuasiva, e
d'illusione, che non è più compatibile colla vita di oggidì. (4. Marzo
1821.).