[958,2] Ma l'amor di se stesso è l'unica possibile molla delle
azioni e dei sentimenti umani, secondo ch'è applicato a questo o quello scopo
virtuoso o vizioso, grande o basso ec.
959 Diminuita
dunque, e depressa, e ridotta a pochissimo (cioè a quanto meno è possibile
mentre l'uomo vive) l'elasticità e la forza di molla, l'uomo non è più capace nè
di azioni, nè di sentimenti vivi e forti ec. nè verso se stesso, nè verso gli
altri, giacchè anche verso gli altri, anche ai sacrifizi ec. non lo può spingere
altra forza che l'amor proprio, in quella tal guisa applicato e diretto. E così
l'uomo ch'è divenuto per forza indifferente verso se stesso, è indifferente
verso tutto, è ridotto all'inazione fisica e morale. E l'indebolimento dell'amor
proprio, in quanto amor proprio e radicalmente, (non in quanto è diretto a
questa o quella parte) cioè il vero
indebolimento di questo amore, è cagione dell'indebolimento della virtù,
dell'entusiasmo, dell'eroismo, della magnanimità, di tutto quello che sembra a
prima vista il più nemico dell'amor proprio, il più bisognoso del suo
abbassamento per trionfare e manifestarsi, il più contrariato e danneggiato
dalla forza dell'amore individuale. Così il detto indebolimento secca la vena
della poesia, e dell'immaginazione, e l'uomo non amando, se non poco, se stesso,
non ama più la natura; non sentendo il proprio affetto, non sente più la natura,
nè l'efficacia della bellezza ec. Una nebbia grevissima d'indifferenza sorgente
immediata d'inazione e insensibilità, si spande su tutto l'animo suo, e su tutte
le sue facoltà, da che
960 egli è divenuto indifferente,
o poco sensibile verso quell'oggetto ch'è il
solo capace d'interessarlo e di muoverlo moralmente o fisicamente verso
tutti gli altri oggetti in qualunque modo, dico se stesso.