[4283,8] Che la vita nostra, per sentimento di ciascuno, sia
composta di più assai dolore che piacere, male che bene, si dimostra per questa
esperienza. Io ho dimandato a parecchi se sarebbero stati contenti di tornare a
rifare la vita passata, con patto di rifarla nè più nè meno quale la prima
volta. L'ho dimandato anco sovente a me stesso.
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Quanto al tornare indietro a vivere, ed io e tutti gli altri sarebbero stati
contentissimi; ma con questo patto, nessuno; e piuttosto che accettarlo, tutti
(e così, io a me stesso) mi hanno risposto che avrebbero rinunziato a quel
ritorno alla prima età, che per se medesimo, sarebbe pur tanto gradito a tutti
gli uomini. Per tornare alla fanciullezza, avrebbero voluto rimettersi
ciecamente alla fortuna circa la lor vita da rifarsi, e ignorarne il modo, come
s'ignora quel della vita che ci resta da fare. Che vuol dir questo? Vuol dire
che nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti
abbiam provato più male che bene; e che se noi ci contentiamo, ed anche
desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per {l'ignoranza
del futuro, e per} una illusione della speranza, senza la quale
illusione {e ignoranza} non vorremmo più vivere, come
noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti.
(Firenze. 1. Luglio. 1827.).