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187. Progresso degli effetti delle sventure nell'individuo. Odio di se stesso a cui lo conducono. Maligna allegrezza e sorriso sopra i suoi propri mali e la stessa morte; ultimo effetto della disperazione.

Progress of the effects of misfortune in the individual. The self-hatred to which they lead. Evil joy and smiling about one's own evils and about death itself; final result of desperation.

87

[87,1]  Quando l'uomo veramente sventurato si accorge e sente profondamente l'impossibilità d'esser felice, e la somma e certa infelicità dell'uomo, comincia dal divenire indifferente intorno a se stesso, come persona che non può sperar nulla, nè perdere e soffrire più di quello ch'ella già preveda e sappia. Ma se la sventura arriva al colmo l'indifferenza non basta, egli perde quasi affatto l'amor di se, (ch'era già da questa indifferenza così violato) o piuttosto lo rivolge in un modo tutto contrario al consueto degli uomini, egli passa ad odiare la vita l'esistenza e se stesso, egli si abborre come un nemico, e allora è quando l'aspetto di nuove sventure, o l'idea e l'atto del suicidio gli danno una terribile e quasi barbara allegrezza, massimamente se egli pervenga ad uccidersi essendone impedito da altrui; allora è il tempo di quel maligno amaro e ironico sorriso simile a quello della vendetta eseguita da un uomo crudele dopo forte lungo e irritato desiderio, il qual sorriso è l'ultima espressione della estrema disperazione e della somma infelicità. V. Staël Corinne, l. 17. c. 4. 5me édition Paris 1812. p. 184. 185. t. 3.

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