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[109,4]  Le parole come osserva il Beccaria (tratt. dello stile) non presentano la sola idea dell'oggetto significato, ma quando più quando meno  110 immagini accessorie. Ed è pregio sommo della lingua l'aver di queste parole. Le voci scientifiche presentano la nuda e circoscritta idea di quel tale oggetto, e perciò si chiamano termini perchè determinano e definiscono la cosa da tutte le parti. Quanto più una lingua abbonda di parole, tanto più è adattata alla letteratura e alla bellezza ec. ec. {e per lo contrario} quanto più abbonda di termini, dico quando questa abbondanza noccia a quella delle parole, perchè l'abbondanza di tutte due le cose non fa pregiudizio. Giacchè sono cose ben diverse la proprietà delle parole e la nudità o secchezza, e se quella dà efficacia ed evidenza al discorso, questa non gli dà altro che aridità. Il pericolo grande che corre ora la lingua francese è di diventar lingua al tutto matematica e scientifica, per troppa abbondanza di termini in ogni sorta di cose, e dimenticanza delle antiche parole. Benchè questo la rende facile e comune, perch'è la lingua più artifiziale e geometricamente nuda ch'esista oramai. Perciò ha bisogno di grandi scrittori che appoco appoco la tornino ad assuefare allo stile e alle voci del Bossuet del Fenelon e degli altri sommi prosatori del loro buon secolo, e così nella poesia. Mad. di Staël mostra col fatto di averlo conosciuto, pp. 1962-63 e il suo stile ha molto della pastosità dell'antico a confronto dell'aridità moderna e di quegli scheletri (regolari ma puri scheletri) di stile d'oggidì. Ed anche non farebbe male ad attingere alle antiche sue fonti d'Amyot e degli altri tali che usati con discrezione ridarebbero alla lingua quel sugo ch'ella oramai ha perduto anche per la monotona e soverchia regolarità della sua costruzione (che anch'essa contribuisce massimamente a renderla comune in europa) di cui tanto si lagnava il Fenelon ed altri insigni. (V. l'Algarotti Saggio sulla lingua francese.) Adattiamo questa osservazione a cose meno materiali.  111 V. p. 100 di questi pensieri. E riducendo l'osservazione al generale troveremo il suo fondamento nella natura delle cose, vedendo come la filosofia e l'uso della pura ragione {che si può paragonare ai termini e alla costruzione regolare,} abbia istecchito e isterilito questa povera vita, e come tutto il bello di questo mondo consista nella immaginazione che si può paragonare alle parole e alla costruzione libera varia ardita e figurata. Le voci greche {(le voci non i modi)} di cui s'è tanto ingombrata la lingua francese in questi tempi, non possono nelle nostre lingue esser altro che termini, con significazione nuda {e circoscritta,} e aria tecnica e geometrica senza grazia e senza eleganza. E quanto più ne abbonderemo con pregiudizio delle nostre parole, tanto più toglieremo alla grazia e alla forza nativa della nostra lingua. Perchè la forza e l'evidenza consiste nel destar l'immagine dell'oggetto, e non mica nel definirlo dialetticamente, come fanno quelle parole trasportate nella nostra lingua. Le metafore d'ogni sorta sono adattatissime per questa cagione alla bellezza naturale {e al colorito} del discorso. E la lingua italiana studiata di tanti scrittorelli d'oggidì che ancorchè sia piena di modi e parole native, riesce sì misera e dissonante, vien tale (oltre all'affettazione che si manifesta per troppo superficiale perizia del vero linguaggio italiano, e stentata ricerca di parole e frasi antiche, piuttosto che gusto e stile modellato giudiziosamente sull'antico, e ridotti in succo e sangue proprio gli antichi scrittori) perchè fa bruttissimo vedere l'aridità moderna che questi non sanno schivare, colla freschezza il colorito {la morbidezza la vistosità} l'embonpoit[l'embonpoint] la floridezza il vigore ec. antico.