[1115,2] Ben è tanto vero, quanto naturale e inevitabile che
le significazioni e proprietà primitive de' verbi continuativi, frequentativi,
originarii, furono molte volte confuse nell'uso, non solo della barbara
latinità, o delle lingue figlie, ma degli stessi buoni ed ottimi scrittori,
massime da' non antichissimi. E si adoperò p. e. il continuativo nel significato
del suo primo verbo; o perduto il primo verbo restò solo il continuativo, e
s'adoprò in vece di quello (come noi italiani, francesi ec. diciamo saltare ec. per quello che i {buoni} latini dicevano salire, verbo oggi
perduto in questa significazione, e trasferito ad un'altra ec. ec. e per lo
latino saltare, diciamo ballare, danzare ec.); {v. p.
1162.} o forse anche il continuativo talvolta prese la forza del
1116 frequentativo, o {qualche
volta} viceversa; o finalmente il verbo positivo si adoprò in vece del
continuativo disusato o no. Differenze menome, e quasi metafisiche,
difficilissime o impossibili a conservarsi nelle lingue anche coltissime, e
studiatissime; e gelosissime, anzi severissime della proprietà, come la latina;
e che dileguandosi appoco appoco, danno luogo alla nascita de' sinonimi, de'
quali vedi {{p. 1477. segg}}. {+E il Forcellini nota molte volte che il tale
e tale frequentativo è spesso ed anche sempre usato nel senso medio del suo
positivo, nè perciò veruno dubita o dell'esistenza di questo genere di
verbi, o che quei tali non sieno frequentativi propriamente e
originariamente. I verbi formati {nuovamente} da'
participj nelle lingue figlie della latina, non hanno ordinariamente se non
la forza del positivo latino. V. p.
2022.}