[1177,1] 2. Questi geni straordinari, penetrano in certi
1178 misteri, in certe parti della natura così riposte;
scuoprono e vedono tante cose, che la stessa copia e profondità delle loro
concezioni, {ne} impedisce la chiarezza tanto riguardo
a essi stessi, quanto al comunicarle altrui; ne impedisce l'ordine, insomma
vince le loro stesse facoltà, e non è capace, a cagione dell'eccesso, di essere
determinata, circoscritta, e ridotta a frutto. La forza della loro mente
soverchia la capacità della stessa mente, perchè insomma la natura, e la copia
delle verità esistenti è molto maggiore della capacità e delle facoltà
dell'uomo. E il troppo vedere, il troppo concepire, rende questi tali ingegni,
sterili e infruttuosi; e se scrivono, i loro scritti o sono di poco conto, ed
anche aridi espressamente e poveri (come quelli di Ermogene); o certo minori assai del loro ingegno.
Come quegli animali inetti alla generazione per l'eccesso della forza generativa
(i muli). E la stupidità {della vita} è ordinariamente
il carattere di tali persone, o mentre ancora son giovani, o da vecchi, come
narrano che fosse detto a Pico
Mirandolano. Quello che dico dell'intelletto e della filosofia, dico
pure della immaginazione e delle arti che ne derivano. Esempio del Tasso, della sua pazzia, dell'essere i
suoi
1179 componimenti, quantunque bellissimi, certo
inferiori alla sua facoltà, ed a quegli stessi degli altri tre sommi italiani, a
niuno de' quali egli fu realmente minore. E lo stesso dico eziandio di qualunque
altra facoltà e disciplina particolare. (17. Giugno 1821.).