[1252,3] Così i nostri mezzi filosofi italiani, sapendo bene
che il volgo non può essere il legislatore della favella scritta, nè la lingua
volgare può mai bastare ai progressi dello spirito umano, nè alla fissazione,
{determinazione, distinzione,} e trasmissione delle
cognizioni; perciò pretendono che qualunque lingua {scritta,} e qualunque stile debba appartarsi affatto dal volgare, ed
escludono affatto il volgare dallo scritto, non avendo bastante filosofia per
distinguere il bello dal vero, e quindi la letteratura e la poesia dalle
scienze; e vedere che prima fonte del bello è la natura, la quale a nessun altro
genere di uomini parla sì vivamente, immediatamente,
1253 e frequentemente, e da nessuno è così bene, e felicemente, e così al vivo e
propriamente espressa, come dal volgo. La precisione toglietela dai filosofi. La
proprietà, e quindi l'energia, {la concisione ben diversa dalla precisione,} e
tutte le qualità che derivano dalla proprietà; non d'altronde le potrete
maggiormente attingere che dalla favella popolare. E il Lipsio
{+(Epistolica Institutio,
cap. 11.)} consigliando lo studio di Cic. sopra tutti per la eleganza, {la soavità, la
copia, la facilità} del latino, consiglia {i comici
Plauto e Terenzio,} come unici o principali mezzi
d'imparare la proprietà d'esso sermone.
{Puoi vedere p. 1481.-84.}