[1305,1] L'uomo isolato crederebbe per natura, almeno
confusamente, che il mondo fosse fatto per lui solo. E intanto crede che sia
fatto per la sua specie intera, in quanto la conosce bene, e vive in mezzo a
lei, e ragiona facilmente e pianamente sui dati che la società e le cognizioni
comuni gli porgono. Ma non potendo ugualmente vivere nella società di tutti gli
altri esseri, la sua ragione si ferma qui, e senza riflessioni che non possono
esser comuni a molti, non arriva a conoscere che il mondo è fatto per tutti gli
esseri che lo compongono. Ho veduto uomini vissuti gran tempo nel mondo, poi
fatti solitarii, e stati sempre egoisti, credere in buona fede che il mondo
appresso a poco fosse tutto per loro, la qual credenza appariva da' loro fatti
d'ogni genere, ed anche dai detti implicitamente. E non
1306 potevano non solo patire o mancar di nulla, ma appena concepire
come gli uomini e le cose non si prestassero sempre e interamente ai loro
comodi, e ne manifestavano la loro maraviglia e la loro indignazione in maniere
singolarissime, e talvolta incredibili in persone avvezze alle maniere civili,
ed ai sacrifizi della società, nelle quali cose conservavano pur molta
pretensione. Ma non si accorgevano, così facendo, di mancare a nessun debito
loro verso gli altri, nè di esigger più di quello che loro convenisse ec.
(10. Luglio 1821.).
Trattato delle passioni, qualità umane ec.Uomo, perchè si creda il supremo degli enti.