[1331,1] Ma io suppongo, e bisogna generalmente supporre, che
l'antichità nota a noi non potesse
viver più di quello che si possa vivere oggidì. La maggior vitalità del tempo
antico, non è quanto alla potenza, ma quanto all'effetto, vale a dire, la
realizzazione della potenza.
1332 Vale a dire che, non
potendo gli antichi vivere più lungamente di quello che possano i moderni,
vivevano però, generalmente parlando, più di quello che i moderni vivano, cioè
si accostavano più di loro ai confini stabiliti dalla natura, secondo le
differenze proporzionate delle complessioni, delle circostanze ec.; le morti
naturali immature erano più rare, o meno immature (e le non naturali se anche
erano più frequenti d'oggidì, non bastavano in nessun modo a pareggiar le
partite); conservavano il vigore, la sanità, ec. ec. in età dove oggi non si
conservano; in ciascheduna età erano proporzionamente[proporzionatamente] più gagliardi, più sani, insomma più pieni di
vitalità che i moderni, e meglio adattati alle funzioni del corpo, e più potenti
fisicamente; le malattie erano meno numerose, sì ne' loro generi, come
individualmente; meno violente ec. o più curabili per rispetto al malato ec. ec.
ec. Sicchè la somma della vita era maggiore nel tempo antico, quantunque nessuno
in particolare potesse vivere più lungamente di quello che possa viversi oggidì,
e che taluni vivano. (16. Luglio 1821.)