[1360,1] Conosco bene che l'età del vero non è quella del
bello: e che un secolo {o un terreno} fecondo di grandi
intelletti, difficilmente sarà fecondo di grandi immaginazioni e sensibilità,
perchè gl'ingegni degli uomini si modificano secondo le circostanze. In tal caso
sarà sempre costante che siccome questa è l'età del vero, bisogna che la lingua
nostra assuma le qualità che servono al vero, e ch'ella non ebbe mai. Quando
però l'italia, terra del bello e del grande, possa pur
continuare
1361 a produrre ingegni atti alla
letteratura e alla poesia, l'unico mezzo di fare che anche questi abbiano o
seguano ad avere una lingua, e non pregiudicata dalla natura del secolo, è
quello che ho detto. (20. Luglio 1821.)