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[1414,1]  Le vantate, immutabili, ed universali leggi del bello, sono dunque giuste (complessivamente e quanto all'essenziale); ma non perchè il bello in se stesso sia immutabile e universale e assoluto, ma perchè tale è la natura, che essendo natura, è quindi la principale {e più solida} fonte delle convenienze in ciò ch'ella contiene, e però del bello. Quindi la teoria delle belle arti (eccetto alcuni particolari) resta salda, quanto ai precetti ec. benchè speculativamente s'inganni nei principii fondamentali. Ma l'astrazione generalmente non nuoce nel nostro caso al concreto: perchè solamente si tratta di chiamar leggi di natura, necessarie {quanto a noi,} ma libere {quanto a lei,} quelle che la detta teoria suol chiamare leggi {assolutamente} necessarie del bello. Quindi restano le regole della rettorica, della poetica ec. restano gl'indizi per distinguere e fuggire i falsi gusti ec. solamente che si chiamino falsi non in se stessi nè in quanto al bello, ma in quanto ripugnanti al modo di essere effettivo delle cose. Ond'è che il principio delle  1415 belle arti ec. ec. si deve riconoscere nella natura, e non già nel bello, quasi indipendente dalla natura, come si è fatto finora.