[1546,2] Siccome non v'è infelicità che non possa crescere
(p. 1477.), così non v'è uomo
tanto perfettamente disperato che sopraggiungendolo
1547 una nuova, impreveduta e grande sciaura non provi {nuovo} dolore. Anzi bene spesso quando anche sia preveduta, quando
anche sia quella medesima per cui {si} disperava.
Dunque la speranza gli restava ancora. E nessuno è mai tanto disperato che, se
bene si dia a credere di non esser più suscettibile di maggior dolore, e di star
sicuro nella sua piena disperazione, non sia realmente soggetto a sentire
l'accrescimento del male. {+Non v'è infermo così ragionevole e capace di conoscer da se di
avere necessariamente a morir del suo male (come sarebbe un
medico ec.), che al ricever l'avviso di dover morire non si
turbi fuor di modo. Dunque sperava ancora di non
morire.
*
Questa osservazione è del Buffon.} E come non v'è tanto
gran male che non possa esser maggiore, così non v'è disperazione umana che non
possa crescere. Dunqu'ella non è mai perfetta per grande ch'ella sia, dunque non
esclude mai pienamente la speranza. (22. Agos. 1821.).