[1555,1] Consideriamo la natura. Qual è quell'età che la
natura ha ordinato nell'uomo alla maggior felicità di cui egli è capace? Forse
la vecchiezza? cioè quando le facoltà dell'uomo decadono visibilmente; quando
egli si appassisce, indebolisce, deperisce? Questa sarebbe una contraddizione,
che la felicità, cioè la perfezione dell'essere, dovesse naturalmente trovarsi
nel tempo della decadenza e quasi corruzione di detto essere. Dunque la
gioventù, cioè il fior dell'età, quando le facoltà dell'uomo sono in pieno
vigore ec. ec.
1556 Quella è l'epoca della perfezione e
quindi della possibile felicità sì dell'uomo che delle altre cose. Ora la
gioventù è l'evidente immagine del tempo antico, la vecchiezza del moderno. Il
giovane e l'antico presentano grandi mali, congiunti a grandi beni, passioni
vive, attività, entusiasmo, follie non poche, movimento, vita d'ogni sorta. Se
dunque la gioventù è visibilmente l'età destinata dalla natura alla maggior
felicità, l'ἀκμή della vita, e per conseguenza della felicità ec. ec. se il
nostro intimo senso ce ne convince (che nessun vecchio non desidera di esser
giovane, e nessun giovane vorrebbe esser vecchio); se la considerazione del
sistema e delle armonie della natura ce lo dimostra a primissima vista; dunque
l'antico tempo era più felice del moderno; dunque che cosa è la sognata
perfettibilità dell'uomo? dunque ec. ec. Quest'osservazione si può stendere a
larghissime conseguenze. (24. Agos. 1821.).
Memorie della mia vita.Antichi.Civiltà. Incivilimento.Fanciullezza. Immaginazione dei fanciulli ec.Gioventù.Governi.