[1616,3] Infatti noi non abbiamo altra ragione di credere
assolutamente vero quello ch'è tale per noi, e che a noi par tale, di credere
assolutamente buono o cattivo quello ch'è tale per noi, ed in quest'ordine di
cose; se non il credere che le nostre idee abbiano una ragione, un fondamento,
un tipo, fuori dello stesso ordine di cose, universale, eterno, immutabile,
indipendente da ogni cosa di fatto; che sieno impresse nella mente nostra per
essenza tanto loro, quanto di essa mente, e della natura intera delle cose; che
sieno soprannaturali, cioè
1617 indipendenti da questa
tal natura qual ella è, e dal modo in cui le cose sono, e che per conseguenza le
dette idee e le nozioni della ragione non
potessero esser diverse in qualsivoglia altra natura di cose, purchè
l'intelletto fosse stato ugualmente in grado di concepirle. Fuori di questo, e
tolto questo, non resta alcun'altra ragione per credere assolutamente buona,
cattiva, insomma vera qualsivoglia cosa. Ma veduto che le nostre idee non
dipendono da altro che dal modo in cui le cose realmente sono, che non hanno
alcuna ragione indipendente nè fuori di esso, e quindi potevano esser
tutt'altre, e contrarie; ch'elle derivano in tutto e per tutto dalle nostre
sensazioni, dalle assuefazioni ec.; che i nostri giudizi non hanno quindi verun
fondamento universale ed eterno e immutabile ec. per essenza; è forza che,
riconoscendo tutto per relativo, e relativamente vero, rinunziamo a
quell'immenso numero di opinioni che si fondano sulla falsa, benchè naturale,
idea dell'assoluto, la quale, come ho detto, non ha più ragione
1618 alcuna possibile, da che non è innata, nè indipendente dalle cose quali elle
sono, e dall'esistenza. (3. Sett. 1821.).