[1814,1] Parrebbe da ciò che nella scrittura francese dovesse
molto e sempre sentirsi il familiare. Non nego che non vi si senta, ma se non vi
si sente, quanto parrebbe che dovesse, ciò deriva da questo, che detta lingua
essendo povera, non è propria, non essendo propria, non può aver molto sapore di
familiarità, al contrario delle lingue primitive, della nostra, e della francese
stessa ne' suoi principii, dove il familiare sempre si sente, perchè è somma in
quei tempi la proprietà della favella, come ho detto p. 1809. fine. Dal che segue che il discorso e la
scrittura francese si confondano nel loro spirito in modo, che la stessa
uniformità distrugge il senso della familiarità. Giacchè se leggendo un libro
francese ti par di sentire uno che parli, sentendo uno che parli, ti par di
leggere, e così tu non sai bene da qual parte stia la familiarità. Così
necessariamente deve accadere in una lingua unica, come la francese, e così
1815 pure
accade rispetto a' suoi stili. Oltrechè l'eccessivo spirito sociale de'
francesi, raffinando sempre più il linguaggio quotidiano (anche quello del volgo
proporzionatamente), l'avvicina sempre più allo scritto, e quindi sempre più gli
toglie del familiare; e l'eccessiva inclinazione della letteratura francese
{+ad esser volgare,} a imitare,
trattare, nutrirsi, formarsi quasi esclusivamente di ciò che spetta alla
conversazione de' suoi nazionali, l'avvicina sempre più al parlato, e
proccurandole l'eleganza dell'epigramma, sempre più le toglie quella della
poesia, dell'eloquenza ec. divisa dal volgo. Questa inclinazione reciproca dello
scritto verso il parlato, e viceversa, è quello che ha reso la lingua francese
qual ella è, geometrica, unica, assolutamente moderna, ed universale quasi per
natura. (30. Sett. 1821.)