[1949,1] Questo dunque non si chiama esser buona alle
traduzioni. Ciò vuol dir solo che una {tal} lingua può
senza incomodo e pregiudizio delle sue regole gramaticali adattarsi alle
costruzioni e all'andamento di qualsivoglia altra lingua con somma esattezza. Ma
l'esattezza non importa la fedeltà ec. ed un'altra lingua perde il suo carattere
e muore nella vostra, quando la vostra nel riceverla, perde il carattere suo
proprio, benchè non violi le sue regole gramaticali. Omero dunque non è Omero in tedesco, come non è Omero in una traduzione latina letterale, giacchè anche il latino
così poco adattabile, pur si
1950 adatta benissimo alle
costruzioni ec. massimamente greche, senza sgrammaticature, ma non senza perdere
il suo carattere, nè senza uccidere e se stessa[stesso], e il carattere dell'autore così tradotto. {+Ed ecco come si può unire in una stessa lingua il
carattere flexible e rude, o restio.
V. p. 1953.
fine.} Laddove la lingua italiana, che in ciò chiamo
unica tra le vive, può nel tradurre, conservare il carattere di ciascun autore
in modo ch'egli sia tutto insieme forestiero e italiano. Nel che consiste la
perfezione ideale di una traduzione e dell'arte di tradurre. Ma ciò non lo
consegue con la minuta esattezza del tedesco, benchè sia capace di molta
esattezza essa pure (come si può veder nell'Iliade del monti); bensì coll'infinita pieghevolezza e
versatilità della sua indole, e che costituisce la sua indole. {{V. p.
1988.}}