[1950,1] Tornando al proposito, i costumi forestieri
introducono in una nazione e nella sua lingua l'indole forestiera. Quindi è che
la lingua italiana non è adattabile, come nessun'altra, (e la tedesca meno di
ogni
1951 altra Staël, passim.) alla
conversazione precisamente francese, qual è quella che i costumi francesi
introducono, bensì a tradurla, e pareggiarla. Questa facoltà però finora non è
in atto ma in potenza. Se gl'italiani avessero più società, del che sono
capacissimi, {(come lo furono nel 500.)} e se
conversassero non in francese ma in italiano, essi ben presto riuscirebbero a
dare alla loro lingua {le parole e} qualità equivalenti
a quelle della francese in questo genere, e non per tanto parlerebbero e
scriverebbero in italiano: {+riuscirebbero a creare un linguaggio sociale italiano tanto polito,
raffinato, pieghevole e ricco e gaio ec. quanto il francese, non però
francese, ma proprio e nazionale. E in questo si potrebbe ben tradurre
allora il linguaggio francese o scritto o parlato, che oggi non traduciamo,
ma trascriviamo, come fanno i traduttori tedeschi.} Questa capacità è
dell'indole dell'italiano, e quindi inseparabile da esso, non però può ridursi
ad atto, senza le necessarie circostanze, come solo in questi ultimi tempi la
lingua o la poesia italiana, è stata, non resa capace, ma effettivamente
applicata allo splendore ec. dello stile virgiliano. (19. Ott.
1821.).