[2285,1]
Alla p. 2192.
fine. Se alcuno volesse dire che i verbi ch'io chiamo continuativi,
quando presso gli scrittori, si trovano, come non di rado avviene, in
significato frequentativo o diminutivo, fossero contrazioni de' verbi in itare, (come prensare di prensitare) noti o ignoti, stieno in somma in vece di
essi, e così vengano ad esser
2286 derivati dai
frequentativi anzi veri frequentativi non solo per significazione ma anche per
formazione ed origine gramaticale; non lo contrasterei più che tanto: benchè mi
paia naturalissima e più verisimile quell'altra ragione ch'io adduco di tale uso
de' continuativi, cioè le solite metamorfosi che nelle parole, frasi, forme,
formazioni, significati ec. produce inevitabilmente il tempo, e il vario uso de'
vari generi di scrittori, e parlatori. Chi può dubitare che le desinenze in ulus, e altre tali non fossero espressamente
diminutive, e che i nomi o verbi ec. così formati, originariamente e
propriamente non significassero diminuzione di quella cosa o {{azione,}} ch'era significata dal verbo o nome positivo?
E nondimeno v. la p. 2281. dove ho
dimostrato come questi diminutivi sì nell'antico ottimo latino scritto, sì nel
volgare, sì nelle lingue sue figlie, sieno passati spessissimo a significazione
positiva, divenuta
2287 loro così propria, che oltre
che non significano più alcuna diminuzione, volendoli ridurre a diminuire,
bisogna, come spesso si fa, soprattaccargli un'altra desinenza diminutiva. E ho
mostrato ancora che perduti affatto i loro positivi, restano essi in luogo di
questi, e con lo stesso preciso valore dei medesimi ec.