[234,1] Come la debolezza è un grande eccitamento alla
compassione, anche rispetto ai non belli, così non è forse cosa tanto contraria
alla compassione, quanto il veder l'impazienza del male, la malignità dello
spirito, pronto a schernire lo stesso o altro male o difetto in altrui, il
cattivo umore, la collera di chi soffre. E pochissima o nessuna compassione può
sperare chi non ha sortito dalla
235 natura o acquistato
dalla disgrazia una dolcezza e mansuetudine di carattere, almeno apparente. E
questo deve servir di regola ai poeti ed artisti nel formare i personaggi che si
vogliono compassionevoli. Sebbene l'eroismo, e il disprezzo del male che si
soffre possa ancora produrre un buon effetto, contuttociò relativamente al
muover la compassione non c'è miglior qualità della sopraddetta, qualità la
quale io so per esperienza che si acquista {quasi per
forza} coll'uso delle sventure, non ostante che naturalmente fossimo
dominati dalla qualità contraria.
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