[2767,1] Quando Omero, introduce Priamo ai
piedi d'Achille, quando ci commuove
fino all'anima coll'amaro spettacolo di tanta grandezza ridotta a tanta miseria,
quando par che impieghi ogni artifizio, che accumuli ogni circostanza, propria a
destarci la compassione più viva; e nel tempo stesso ci rappresenta Achille, il protagonista del suo poema,
il modello della virtù eroica da lui concepita, così difficile, così tardo a
lasciarsi piegare, piangente sopra il capo di Priamo, non già le sventure di Priamo, ma le sue proprie e il suo vecchio padre, e
il suo Patroclo, della cui morte esso
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Priamo era venuto a chiedergli in
certo modo il perdono, quando finalmente non lo fa risolvere di concedere al
supplichevole e infelicissimo re la sua misera domanda, se non in vista
dell'ordine espresso già ricevutone da Giove per mezzo di Teti,
senza il quale egli dimostra e fa intendere assai chiaramente che nè le
preghiere nè il pianto nè il dolore nè {{tutto}} il
misero apparato di quel re domo e prostratogli dinanzi, l'avrebbero vinto; a noi
pare che questo Achille sia quasi un
mostro, e che anche una virtù secondaria anzi minima, non che primaria, (come si
rappresenta la sua in quel poema) anche molto più gravemente offesa, anche già
meno acerbamente vendicata, anche con minori cagioni d'intenerirsi, avesse
dovuto e commuoversi ben tosto, e sommamente, e concedere già molto prima di
quel ch'ella fa, la domanda del supplichevole, e concedere anche assai di più,
potendo
2769 farlo, e farlo di volontà sua. Ma Omero stimò di doverci rappresentare in
quel punto Achille come egli
rappresentollo. E non si creda ch'egli nel far questo abbia solamente in mira di
conservare la simiglianza del carattere {feroce} di
Achille, da lui fino a
loro[allora] espresso, e di non farne un
personaggio diverso da quel che l'aveva fatto essere. Omero attende a salvare il suo eroe dal biasimo della
compassione, cioè della mollezza, e della facilità di lasciarsi commuovere, e
della tenerezza di cuore {#1. come noi
attenderemmo (e come infatti i più moderni epici ec. attesero ec.) a
salvarlo dal biasimo della durezza della insensibilità, della crudeltà verso
il nemico, e a proccurargli appunto la lode della compassione verso il
nemico, come cosa magnanima ec.}; Omero non ha solamente riguardo all'Achille tal quale egli l'ha fatto, ma alla virtù
eroica tal quale allora si concepiva; egli introduce quell'episodio
compassionevole in grazia del sommo interesse e del gran contrasto di affetti a
cui dà luogo, ma guarda che Achille non
offenda in alcuna parte le leggi dell'eroismo; non si mostri leggero,
flessibile, dappoco perdonando; non sia ripreso d'essere stato umano co'
2770 nemici della sua nazione e suoi.