[2765,1] L'inumanità verso i nemici non era biasimo ai tempi
di Omero, perchè i nemici non erano
considerati come uomini, o come parte di quel corpo a cui apparteneva il loro
avversario. Gli antichi (e i selvaggi altresì) erano ben lontani dal considerare
tutto il genere umano come una famiglia, e molto più dal considerare i nemici
come loro simili e fratelli. Simili e fratelli non erano per gli antichi, {e non sono per li selvaggi,} se non gl'individui della
loro stessa società; o nazione o cittadinanza o esercito che la vogliamo
chiamare e considerare. Di questo ho detto altrove pp. 875. sgg.
pp. 877. sgg.
pp. 1710-11
pp. 2252-55
pp. 2305-306. Quindi essere inumano verso i nemici, tanto era per gli
antichi, quanto essere inumano verso i
lupi o altri animali che non
2766 sono del genere umano, anzi gli nocciono. Siccome
appunto i nemici nocevano o cercavano di nuocere a quella società, dentro i
limiti della quale si conteneva tutta quella famiglia umana a cui gli antichi si
stimavano appartenere. E come a chi prendesse a difendere o a vendicare la sua
società contro gli animali nocivi, sarebbe lode il non perdonar loro in alcuna
maniera, ma sterminarli tutti a poter suo; così agli antichi era lode
l'inumanità verso i nemici, che non si reputavano aver diritto all'umanità, non
istimandosi aver nulla di umano, cioè nulla di comune con quegli uomini che li combattevano; e l'eccesso
o il sommo grado di questa inumanità si giudicava proprissima dell'eroe.
Massimamente che tutte le passioni o azioni forti erano fra gli antichi stimate
molto più degne, o certo più eroiche che le deboli; e quindi la spietatezza
verso chi non aveva alcun titolo alla clemenza, {quali}
si stimavano
2767 i nemici, era creduta molto più
eroica che la compassione, affetto dolce, molle, e stimato femminile; la
vendetta molto più eroica che il perdono, siccome il risentimento era giudicato
ben più degno dell'uomo che la pazienza delle ingiurie, la quale non andava mai
disgiunta dalla riputazione e dal biasimo di viltà o dapocaggine.