16. Sett. 1821.
[1710,1]
1710 L'amore universale, anche degl'inimici, che noi
stimiamo legge naturale (ed è infatti la base della nostra morale, siccome della
legge evangelica in quanto spetta a' doveri dell'uomo verso l'uomo, ch'è quanto
dire a' doveri di questo mondo) non solo non era noto agli antichi, ma contrario
alle loro opinioni, come pure di tutti i popoli non inciviliti, o mezzo
inciviliti. Ma noi avvezzi a considerarlo come dovere sin da fanciulli, a causa
della civilizzazione e della religione, che ci alleva in questo parere sin dalla
prima infanzia, e prima ancora dell'uso di ragione, lo consideriamo come innato.
Così quello che deriva dall'assuefazione e dall'insegnamento, ci sembra
congenito, spontaneo, ec. Questa non era la base di nessuna delle antiche
legislazioni, di nessun'altra legislazione moderna, se non fra' popoli
inciviliti. Gesù Cristo diceva agli
stessi Ebrei, che dava loro un precetto nuovo ec. Lo spirito della legge
Giudaica non solo non conteneva l'amore, ma l'odio verso chiunque non era
Giudeo. Il Gentile,
1711 cioè lo straniero, era nemico
di quella nazione; essa non aveva neppure nè l'obbligo nè il consiglio di tirar
gli stranieri alla propria religione, d'illuminarli ec. ec. Il solo obbligo, era
di respingerli quando fossero assaliti, di attaccarli pur bene spesso, di non
aver seco loro nessun commercio. Il precetto diliges proximum tuum sicut
te ipsum
*
, s'intendeva non già i tuoi simili, ma i tuoi connazionali. Tutti i doveri sociali degli Ebrei si restringevano
nella loro nazione.
[1711,1] Or domando io; se quella morale che Dio ci ha dato
mediante il suo Verbo, era, come noi diciamo, la vera, e se Dio non solo n'è il
tipo, e la ragione, ma ragione necessaria; dunque quando egli stesso dava una
morale diversissima, e quasi contraria a questa, in punti essenzialissimi, egli
operava contro la sua essenza. Non v'è taglio. Un solo menomo articolo della
nostra morale, supposto ch'ella sia eterna, e indipendente dalle circostanze,
non poteva mai per nessuna ragione essere ommesso, o variato in nessuna legge
che Dio desse a
1712 qualunque uomo isolato o in
società. E viceversa nessun articolo di questa legge, poteva per nessuna
circostanza omettersi {ec.} nella nostra. Molto meno lo
spirito stesso della legge e della morale Divina poteva mai variare dal
principio del mondo fino ad ora, come pure ha evidentemente variato. Checchè
dicano i teologi per ispiegare, per concordare, tutto insomma si riduce a questi
termini: ed è forza convenire che Dio non solo è il tipo e la ragione, ma
l'autore, la fonte, il padrone, l'arbitro della morale, e che questa, e tutti i
suoi principii più astratti, nascono assolutamente, non dall'essenza, ma dalla
volontà di Dio, che determina le convenienze, e secondo quelle che ha
determinate, e create, {+secondo
che le mantiene o le cangia o le modifica,} detta, {mantiene, cangia o
altera} le sue leggi. Egli è il creatore della morale, del
buono e del cattivo, e della loro astratta idea, come di tutto il resto.
(16. Sett. 1821.).