1. Ottobre, 1823. giorno in cui s'intese la creazione del nuovo Papa.
[3564,1]
Alla p. 2911. {marg.} La lingua ebraica è poetica ancor nella
prosa, per quella sua estrema povertà, della quale altrove ho ragionato pp. 806-809
p. 1969
pp.
2005-2007
pp.
2909-13, mostrando come in ciascuna sua parola cento significati si
debbano accozzare e si accozzino, conforme accadde a principio in ciascheduna
lingua, finchè col variare o {per} inflessione, o {per} derivazione, o per composizione, o con altra
modificazione le poche radici a seconda de' loro vari significati, si venne
d'una sola parola a farne moltissime, e di poche, infinite; per modo che ciascun
significato de' tanti che dapprima erano riuniti in un solo vocabolo, non per
esser trasportato ad altra parola, ma come per suddivisione o emanazione o altra
varia modificazione di
3565 quello stesso primo
vocabolo, ebbe una parola per se, o con poca e discreta compagnia d'altri
significati.
[3565,1] Or dunque non potendo quasi la prosa ebraica usar
parola che {non} formicolasse di significazioni, essa
doveva necessariamente riuscir poetica e per la moltiplicità delle idee che
doveva risvegliare ciascuna parola, (cosa poetichissima, come altrove ho detto
pp. 109-10
pp. 1701-706
pp. 2005-2007); e perchè essa parola non poteva dare ad intendere il
concetto del prosatore se non in modo vago e indeterminato e generale come si fa
nella poesia; e perchè quasi tutte le cose, eccetto pochissime si dovevano
esprimere con voci improprie e traslate (ch'è il modo poetico); cosa che in
tutte le lingue intravviene, rigorosamente parlando, ma non si sente, se non
alcune volte, la traslazione, perchè l'uso l'ha trasformata, quasi o del tutto,
in proprietà; laddove ciò non poteva aver fatto nella lingua ebraica, la qual se
toglieva a una parola il significato proprio in modo che il traslato divenisse
padrone e paresse proprio esso, al vero proprio che cosa poteva restare in tanta
povertà?
3566 sentivasi dunque sempre, anche nella
prosa ebraica, la traslazione, perchè la voce, insieme co' sensi traslati,
riteneva il proprio. Tale pertanto essendo la lingua {destinata alla prosa,} necessariamente anche lo stile {del prosatore} doveva esser poetico, siccome per la
contraria ragione i primitivi poeti latini italiani ec. non trovando nella
lingua voci poetiche, furono necessitati a tenersi in uno stile che avesse del
familiare, come altrove ho detto pp. 1808-15
pp. 2836-41
pp. 3014-17.
[3566,1] La prosa ebraica era dunque poetica per difetto e
mancamento, e perchè la lingua scarseggiava di voci. Non così la prosa francese,
la qual è {per lo più} poetica, mentre la lingua
abbonda di voci, come ho detto altrove pp. 373-75
pp.
2666-68
p. 2715. Ma essa prosa {è} poetica perchè la
lingua francese scarseggia, e si può dir, manca di voci poetiche, cioè di voci
antiche ed eleganti propriamente, cioè peregrine ec. E vedi il pensiero
antecedente p. 3564,1
con quello a cui esso si riferisce.
Le voci ebraiche sono tutte poetiche non appostatamente, nè perchè usate da'
poeti, nè perchè fatte ad esser poetiche e destinate all'uso della poesia, nè
perchè peregrine o per antichità, o per
3567
traslazione ec. ma per causa materiale ed estrinseca, e semplicemente perchè son
poche. E la lingua ebraica è tutta poetica materialmente, cioè semplicemente
perciocch'è povera. E lo stile e la prosa ebraica sono poetiche stante la
semplice povertà della lingua. Qualità comune a tutte le lingue ne' loro
principii, insieme colla conseguenza di tal qualità, cioè insieme coll'esser
poetiche. Non intendo però di escludere le altre ragioni non materiali che certo
anch'esse grandemente contribuirono a render poetica la lingua, stile e prosa
ebraica, cioè l'orientalismo e la somma antichità, del che vedi la pag. 3543. E questa seconda
condizione influisce altresì grandemente e produce l'effetto medesimo in
ciascun'altra lingua ne' di lei principii, in ciascuna lingua che conserva il
suo stato primitivo, in ciascun'altra lingua antichissima ec. Del resto la somma
forza e il sommo ardire che si ammira nelle espressioni della
Bibbia, e che si dà per un segno di divinità, {#1. (veggasi la p. citata qui sopra []p.
3543,2)} non proviene in gran parte d'altronde che da vera
impotenza e necessità, cioè da estrema povertà che obbliga a
3568 un estremo ardire nelle traslazioni e in qualsivoglia
applicazione di significati, a tirar le metafore di lontanissimo ec. (1.
Ottobre, giorno in cui s'intese la creazione del nuovo Papa. 1823.)