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18. Marzo 1821.

[805,1]   805 Alla p. 762. Per poco che si osservi facilmente si scuopre che tutte le lingue colte, da principio hanno avuto e adoperato estesamente la facoltà dei composti, come poi tutte, cred'io, (eccetto la greca che la conservò fino alla fine) l'hanno quale in maggiore quale in minor parte perduta. Tutte però hanno conservato o tutti, o maggiore o minor parte dei loro primi composti, divenuti bene spesso così familiari, che han preso come apparenza e opinione di radici, e forse così hanno servito di materia essi stessi a nuove composizioni. La lingua Spagnuola ha composti, e derivati da' composti (come pure le altre lingue, chè anche questi derivati sono un bellissimo e fecondissimo genere di parole): ed alcuni bellissimi e utilissimi {e felicissimi} altrettanto che arditi, come {tamaño,} demàs, e da questo {ademàs,} demasìa, demasiado, {demasiadamente, sinrazon, {+sinjusticia, sinsabor,} pordiosear cioè limosinare, e pordioseria mendicità,} ec. che sono di grande uso e servigio. Tutte le lingue colte hanno ancora avuto delle particelle destinate espressamente alla composizione e che non si trovano fuor de' composti. Così la greca, così la latina, così la francese, la spagnuola (des ec. ec.), l'inglese  806 (mis ec. ec.) ec. Ed è tanta la necessità de' composti che senza questi nessuna lingua sarebbe mai pervenuta a quello che si chiama o ricchezza, o coltura, o anche semplice potenza di discorrere di molte cose, o di alcune cose particolarmente e specificatamente. Perchè le radici converrebbe che fossero infinite per esprimere e tutte le cose occorrenti, e tutte le piccole gradazioni, e differenze e nuances {e accidenti} di una cosa, per ciascuna delle quali gradazioncelle si richiederebbe una diversa radice, altrimente il discorso non sarà mai nè espressivo nè proprio, e neanche chiaro, anzi per lo più equivoco, improprio, dubbio, oscuro, generico, indeterminato. Così appunto avviene alla lingua ebraica (la quale non par che si possa mettere fra le colte) perchè con bastanti radici e derivati, è priva di composti: {+o quasi priva: non avendo che fare i suoi suffissi ed affissi colla composizione, ma essendo come casi {o inflessioni} o accidenti {o affezioni(πάθη)} de' nomi e de' verbi, o segnacasi ec. e non variando punto il significato essenziale, nè la sostanza della parola; come presso noi batterlo, uccidermi, dargli, andarvi, uscirne ec. che non si chiamano, nè sono composti nel nostro senso.} Dal che segue ch'ella ed è soggetta alle dette difficoltà, e disordini; e resta poverissima; ed io dico che tale ci parrebbe eziandio quando anche in quella lingua esistessero altri libri, oltre la Bibbia, se però questi libri mancassero parimente de' composti. Ci vorrebbero, ho detto, infinite radici. Ora  807 una più che tanta moltitudine di radici, è difficilissima per natura, giacchè un composto subito s'intende, ma perchè una radice, sia subito e comunissimamente intesa (com'è necessario), e passi nell'uso universale, ci vuol ben altro. Perciò la invenzione delle radici in qualunque società d'uomini parlanti, o primitiva o no, è sempre naturalmente scarsa, e povera quella lingua che non può esprimersi senza radici, perch'ella non si esprimerà mai se non indefinitamente, ed ogni parola (come accade nell'Ebraico) avrà una quantità di significati. {+V. se vuoi, Soave, append. al Capo 1. Lib. 3. del Compendio di Locke, Venezia 3.za edizione 1794. t. 2. p. 12. fine - 13. e Scelta di opusc. interess. Milano 1775. Vol. 4. p. 54. e questi pensieri p. 1070. capoverso ult.} E se, volete vedere facilmente, perchè una lingua appena è cominciata a divenire un poco colta, e ad aver bisogno di esprimere molte cose, e {queste} specificatamente e chiaramente e distintamente e le loro differenze ec. perchè, dico, abbia subito avuto ricorso e trovati i composti, osservate. Che sarebbe l'aritmetica se ogni numero si dovesse significare con cifra diversa, e non colla diversa composizione di pochi elementi? Che sarebbe la scrittura se ogni parola dovesse esprimersi colla sua cifra o figura particolare, come dicono della scrittura Cinese? La stessa  808 facilità e semplicità di metodo, e nel tempo stesso fecondità anzi infinità di risultati e combinazioni, che deriva dall'uso degli elementi nella scrittura e nell'aritmetica, anzi in tutte le operazioni della vita umana, anzi pure della natura (giacchè, secondo i chimici tutto il mondo e tutti i {diversissimi} corpi si compongono di un certo tal numero di elementi diversamente combinati, e noi medesimi siamo così composti e fatti {anche nell'ordine morale come ho dimostrato in molti pensieri sulla semplicità del sistema dell'uomo p. 53 pp. 181-82 pp. 603. sgg. pp. 629. sgg. }); deriva anche dall'uso degli elementi nella lingua. Al che si ponga mente per giudicarne quanto sia necessario anche oggidì ritenere più che si possa, e nella nostra e in qualunque lingua, la facoltà de' nuovi composti, atteso l'immenso numero delle nuove cose bisognose di denominazione (massime nella lingua nostra); numero che ogni giorno necessariamente e naturalmente si accresce: e d'altra parte l'impossibilità della troppa moltiplicità delle radici, sì al fatto, o all'invenzione, sì all'uso, intelligenza, e diffusione, sì anche alle facoltà della memoria e dell'intelletto umano, {+ed alla chiarezza delle idee che debbono risultare dalla parola, chiarezza quasi incompatibile colle nuove radici (v. p. 951.), e compatibilissima coi nuovi composti; oltre alla mancanza di gusto che deriva dalle nuove radici, le quali sono sempre termini, come ho spiegato altrove pp. 109-111: non così i composti derivati dalla propria lingua.} Lo dico senza dubitare. La lingua più ricca sarà sempre quella che avrà conservata  809 più lungamente, e più largamente adoperata la facoltà dei composti, e oggidì quella che la conserverà maggiore, e maggiormente l'adoprerà. L'esempio della lingua greca, ricchissima fra quante furono sono e saranno, anzi sempre e anche oggi inesauribile, conferma abbondantemente col fatto questa mia sentenza, già sì evidente in ragione. E d'altra parte la mia teoria serve a spiegare il secreto e il fenomeno di una tal lingua sempre uguale alla copia qualunque delle cose. Se dunque vogliamo che una lingua sia veramente onnipotente quanto alle parole, conserviamole o rendiamole, e se è possibile, accresciamole la facoltà de' {nuovi} composti e derivati, cioè l'uso degli elementi ch'essa ha, e il modo, la facoltà di combinarli quanto più diversamente, e moltiplicemente si possa. Questo, e non la moltiplicità degli elementi forma la vera {e sostanziale} ricchezza {copia} e onnipotenza delle lingue (quanto alle parole) come la forma di tutte le altre cose umane e naturali. Generalizziamo un  810 poco le nostre idee, e facilmente ci persuaderemo di questo ch'io dico, e come, per natura universale delle cose umane, la detta facoltà sia non solo la principale e fondamentale, ma necessaria e indispensabile sorgente della ricchezza copia e potenza di qualunque lingua, e della proprietà, definitezza, e chiarezza dell'espressione: dico quanto alle parole. (18. Marzo 1821.).