Roma 2. Marzo 1823.
[2676,2]
Q19141302Gli scrittori greci più
eleganti ed attici e antichi sogliono usare la voce ϕησί per ϕασί nel
significato di aiunt, è fama, on dit, il
singolare invece del plurale {+(forma ellittica per ϕησί τις uom dice, altri
dice).} Così noi volgarmente tutto giorno, e non solo
noi nel parlare, ma eziandio gli scrittori nostri, massime del trecento,
usiamo dice per dicono, altri dice, l'uom dice, un dice
(on dit).
Passavanti edizione
Venez. del Bortoli p. 251. Q7936712E così
dice
che fa il Leone. Mi ricordo di aver
trovato questa frase anche in altri trecentisti, e mi par senza fallo nelle
Vite de[de']
Santi Padri. Quest'uso che noi abbiamo comune cogli
antichissimi e più eleganti e puri scrittori greci, per qual mezzo ci può esser
venuto se non per quello dell'antico
2677 volgar
latino? Sempre ch'io trovo qualche conformità frappante fra il greco e l'italiano (massime l'italiano
volgare, popolare, corrente e parlato) {e così il francese e
lo spagnuolo,} conformità che non appartenga alla natura generale
delle favelle, ma alle proprietà arbitrarie ed accidentali delle lingue, se
quella tal qualità o parte ec. sopra cui cade questa conformità, non si trova
negli scrittori latini, io tengo per fermo ch'ella si trovasse nel latino
parlato, cioè nel volgar latino. Giacchè questo ebbe commercio col volgar greco,
e quel ch'è più, venne da una medesima fonte col greco; e da esso volgar latino
è venuto il nostro volgare. Ma qual commercio ebbe mai il nostro volgare col
volgar greco, cioè col greco parlato, e massime coll'antico? qual commercio poi
col greco scritto, e questo pure antichissimo? Quanto al nostro caso, io non
credo che negli scrittori latini si trovi p. e. ait in
vece di aiunt. Ma veggasi il Forcellini.
(Roma 2. Marzo 1823.)
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