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7. Luglio. 1823.

[2906,2]  In tutte le lingue tanto gran parte dello stile appartiene ad essa lingua, che in veruno scrittore l'uno senza l'altra non si può considerare. La magnificenza, la forza, la nobiltà, l'eleganza, la grazia, la varietà, {la semplicità, la naturalezza.} tutte o quasi tutte le qualità dello stile, sono così legate alle corrispondenti qualità della  2907 {{lingua,}} che nel considerarle in qualsivoglia scrittura è ben difficile il conoscere e distinguere e determinare quanta e qual parte di esse (e così delle qualità contrarie) sia propria del solo stile, e quanta e quale della sola lingua; o vogliamo piuttosto dire, quanta e qual parte spetti e derivi dai soli sentimenti, e quanta e quale dalle sole parole; giacchè rigorosamente parlando, l'idea dello stile abbraccia {così} quello che spetta ai sentimenti come ciò che appartiene ai vocaboli. Ma tanta è la forza e l'autorità delle voci nello stile, che mutate quelle, o le loro forme, il loro ordine ec. tutte o ciascuna delle predette qualità si mutano, o si perdono, e lo stile di qualsivoglia autore o scritto, cangia natura in modo che più non è quello nè si riconosce. {+1. Veggasi la p. 3397-9.}
[2907,1]  Tutto ciò accade in tutte le lingue, fuorchè nella francese. Chè veramente nella lingua francese lo stile è formato quasi tutto dai sentimenti, e dalle figure che appartengono alle sentenze. E la diversità degli stili, e quella delle qualità di uno stile, non si può considerare in essa lingua se non quanto ai sentimenti, e non appartiene, non dipende, non  2908 nasce se non da questi. Perocchè, se ben si osserva, quanto alle parole, e a tutto ciò che loro appartiene, tutti gli stili de' francesi, sì di diversi autori e scritture, sì di una stessa scrittura {o scrittore} in diversissime materie, sono poco men che conformi.
[2908,1]  E non è maraviglia; perocchè dov'è pochissimo luogo alla scelta delle parole {e dell'ordine e composizioni loro,} quivi pochissima potrà essere la differenza o tra gli stili di vari autori o di varie opere, o tra le qualità di un medesimo stile in diverse materie e occasioni, per ciò che spetta alle parole. Le quali non potendosi scegliere, non possono essere qua eleganti, qua nobili, qua efficaci, qua graziose, ma sempre tali, o non mai. Nè potendosi scegliere gli ordini e collocamenti delle medesime, non può nascere dalla composizion de' vocaboli ora una qualità di stile ed ora un'altra, ma sempre una, perchè sempre una e niente variabile è ella medesima. Dico dalla composizion de' vocaboli considerata in se, non in quanto ai sentimenti ch'esprimono, perchè in quanto a questa parte, la lingua francese è capace di ricever varietà di stile dalla composizione delle parole,  2909 ma ben guardando, si sente che questa varietà non deriva punto dalla composizione stessa in se, ma dalle sentenze e figure loro.
[2909,1]  Onde si può dire che la lingua francese non avendo appresso a poco che uno stile, lo scrittor francese, quanto alla lingua, non ha mai stile proprio, e che per quanto appartiene alle parole, lo stile di qualsivoglia scrittor francese non è suo, ma della lingua. {+1. E così lo stile di qualsivoglia genere di scrittura non è d'esso genere ma della lingua universale, e lo stile della poesia francese non è della poesia ma della lingua, e lo stile della prosa è quel della lingua, è quello della conversazione, non è neppur proprio della prosa più che della poesia, anzi vedi in proposito la p. 3429.}
[2909,2]  Il che si può parimente dire della lingua ebraica, nella quale altresì, quanto alle parole, non era luogo alla scelta, benchè, quanto alle composizioni delle medesime, forse v'avesse luogo un poco più che nella francese, essendo ella tutta indigesta e informe, e quindi tutta poetica.
[2909,3]  Effettivamente la differenza degli stili e delle qualità di un medesimo stile, quanto alla lingua, è così minuta e così scarsa in francese, che un forestiere il quale benissimo la distinguerà negli scrittori greci e latini, che sono lingue morte, difficilmente, anzi appena, secondo me, la distinguerà e sentirà mai negli scrittori francesi. Nè potrà mai ben dire, questo {scrittore o questo} passo è elegante,  2910 questo dignitoso e magnifico, questo energico, questo grazioso quanto alle parole, e questo no. Onde nasce che anche generalmente parlando la differenza dello stile, cioè del modo di esprimere i concetti, chè questo è ciò che sia[si] chiama stile, è poco sensibile al forestiere nella lingua francese; certo assai meno sensibile che nelle altre. {+1. Difficilissimo è ancora al forestiero il sentir la differenza degli stili {(inquanto propriamente stili)} francesi di diversi tempi (dico dal secolo di Luigi in poi), o comparando uno scrittor d'un secolo a uno di un altro, o generalmente lo stile di un secolo a quel di un altro. Ho detto dal secolo di Luigi, e intendo di quelli che in quel secolo scrissero bene, e che s'hanno ancora per buoni, e inquanto s'hanno per tali (come Corneille), nella lingua ec.} Tanto più che nella espressione de' concetti, anche in quella parte dello stile che spetta alle sentenze, il modo degli scrittori francesi è più vario bensì che nella parte delle parole, ma infinitamente meno vario che negli scrittori delle altre lingue, sì per rispetto dell'uno scrittore {e dell'un secolo} all'altro, o dell'una opera e dell'un genere di scrittura all'altra opera e all'altro genere, sì per rispetto alle varie parti di una stessa opera o genere, e alle varie gradazioni e qualità di un medesimo stile. E basti dire in prova, che la lingua francese, non solamente non ha linguaggio, ma neppur quasi stile poetico veramente.
[2910,1]  In simil modo nella lingua ebraica, non si sente se non poca differenza di stili, o di qualità di un  2911 medesimo stile. Il che si attribuisce alla lontananza de' tempi e de' nostri gusti e costumi, quasi l'uniformità dello stile ebraico non fosse vera, se non relativamente. Ma io la credo assolutamente vera, e l'attribuisco alle dette ragioni, nè credo che lo scrittore ebraico potesse avere stile proprio, nè veruna materia stile proprio, ma tutti e due un solo, quanto alla lingua, per la povertà di questa, {+1. Non solo gli scrittori ebraici o le varie materie in lingua ebraica, ma neppur essa la lingua ha uno stile, cioè un modo determinato, come l'ha bene, anzi troppo determinato, la francese: perocché la lingua ebraica è troppo informe per avere uno stile proprio; e precisamente ella è l'estremo contrario della francese quanto all'informità. V. la p. 2853. margine. V. p. 3564} ed eziandio quanto al modo e alla parte dello stile che spetta alle sentenze, per la niuna arte degli scrittori, e perchè la lingua li serrava e circoscriveva anche in questa parte. Come appunto anche in Francia fa la medesima lingua, e l'impero assoluto dell'usanza {il qual si esercita colà} sullo stile come su d'ogni altra cosa. Del resto come la lingua francese non ha che linguaggio e stile prosaico e manca del poetico, così l'ebraico non ha che il poetico e manca del prosaico. E ciò perchè quella è lingua definitamente ed essenzialmente moderna, questa fu essenzialmente {e moralmente} antica e quasi primitiva.
[2912,1]   2912 È notabile come da contrarie cause nascano uguali effetti. La lingua ebraica non ammette varietà nello stile per esser troppo antica, la lingua francese nemmeno, per esser troppo moderna; quella per eccesso d'imperfezione e per povertà che nasce dall'antichità, questa per eccesso di perfezione e per povertà che nasce dall'essere squisitamente moderna, sì di tempo come d'indole. Nell'una e nell'altra le parole poco vagliono, le sentenze tutto, lo stile si riduce ai {nudi} concetti (cosa che non ha luogo in verun'altra lingua letterata). Ma ciò nella ebraica perchè le parole non hanno ancor preso vigore, nella francese perchè l'hanno perduto; in quella perchè i concetti non hanno ancora onde farsi un corpo, in questa perchè l'hanno deposto; in quella perchè la materia è ancora scarsa a vestir lo spirito, in questa perchè lo spirito ha consumato la materia, è ricomparso nudo del corpo di cui s'era vestito, ha prevaluto alla materia, e tutta l'esistenza è spiritualizzata, nè si vede o si tocca oramai, o certo non si vuole nè vedere nè toccare quasi altro che spirito.  2913 Ambedue le lingue dánno nel metafisico, e, si può dire, nell'incorporeo per due cagioni e principii direttamente opposti, come il fanciullo per eccessiva semplicità è talvolta così sottile nelle sue quistioni, come il filosofo per grande dottrina e sapienza e sagacità. (7. Luglio. 1823.). {{V. la p. seguente [p. 2914,1].}}