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8. Luglio 1823.

[2914,1]  Alla pagina antecedente. Questa spiritualizzazione della società essendo oggidì universale, è altresì universale l'effetto che ho detto esserne seguìto nella lingua francese, cioè che lo stile degli scrittori {moderni} di qualsivoglia lingua non differisca oramai se non se ne' sentimenti, {e} consista tutto nelle nelle cose. E in verità quanto allo stile propriamente detto, v'è minor divario oggidì fra due scrittori di due lingue disparatissime e in diversissime materie, che non v'era anticamente fra due scrittori contemporanei, compatriotti, d'una stessa lingua e materia. (Pongasi per esempio Platone e Senofonte). Lascio poi quanto poca varietà di stile si possa trovare in uno stesso scrittore. {+1. Gli stili de' moderni non si diversificano se non per le sentenze. Anzi tutti gli scrittori e tutte le opere escono, quanto allo stile, da una stessa scuola, vestono d'uno stesso panno, anzi hanno una sola fisonomia, una sola attitudine, gli stessi gesti e movimenti, le stesse fattezze e circostanze esteriori: solo si distinguono l'une dall'altre perchè dicono diverse cose, benchè collo stesso tuono e modo di recitazione.} Sicchè, proporzionatamente, accade oggi nel mondo civile quel medesimo che ho detto accadere in Francia; quasi niuno scrittore ha stile  2915 proprio: non v'è che uno stile per tutti, e questo consiste assai più nelle sentenze che nelle parole: poco oramai si guarda allo stile nelle opere che escono in luce, o se vi si guarda, ciò è più per vedere s'egli segue l'uso e la forma di stile universalmente accettata, o no: se la segue, non si parla del suo stile; se non la segue, allora solo il suo stile dà nell'occhio, e per lo più è ripreso, e ordinariamente con ragione. La differenza ch'è in questo particolar dello stile fra la lingua francese e l'altre moderne, si è che se in quella lo scrittore non ha stile proprio, egli {è} perchè la lingua n'ha un solo; se il suo stile non è vario, egli è che la lingua non ha varietà di stile. Ma nelle altre lingue il difetto viene dallo scrittore: egli è che manca di varietà di stile, e non la lingua; e s'ei non ha stile proprio, egli può averlo; almeno la lingua sua non glielo impedisce; ma ei non ha stile proprio, perchè un solo stile ha, non la sua lingua, che molti ne ammette, ma, per così dire, la lingua europea, ossia l'uso e lo spirito universale della letteratura e della civiltà  2916 presente, e del nostro secolo. {{V. p. 3471.}}
[2916,1]  Del resto egli è certissimo che quantunque le moderne lingue, almeno parecchie di esse, sieno capacissime d'ogni sorta di varietà, qualità, e perfezion di stile, nondimeno niuna delle medesime è, che possa mostrare neppur ne' suoi antichi e nel suo secolo aureo nè tanta varietà, nè di gran lunga tanta perfezione di stile propriamente detto, quanta ne possono mostrare nei loro le lingue antiche. I moderni poi, quanto vincono gli antichi nel fatto delle sentenze, tanto cedono loro tutti in tutte le parti dello stile propriamente detto, e nel culto delle parole preso in tutta l'estension del termine. E non solo non mettono nè sanno mettere in pratica, ma nè pur conoscono perfettamente tutte le squisitezze degli artifizi e degli accorgimenti che gli antichi insegnavano comunemente e adoperavano intorno a esso culto, e che si possono vedere negli scritti rettorici di Cic. e di Quintiliano. I moderni non {ne} conoscono generalmente neppure i nomi, e neppur ne hanno tanta idea che basti a poter valutare in confuso a che segno  2917 arrivasse questa squisitezza. Nei moderni le sentenze, e la spiritualità del secolo, nocciono alle parole e allo stile, all'arte del quale niuno di loro si applica da senno, o ci pone tanto studio e tempo quanto bisognerebbe. Negli antichi classici di ciascuna lingua moderna, ne' quali non aveano luogo le dette circostanze, e ciascuno de' quali facea dell'arte dello stile il suo principale studio, e attendeva più alle parole che alle cose, ogni volta che si metteva da vero a comporre; pure in nessuno o in quasi niuno di loro si trovò arte o capacità bastante, nè quanto si richiedeva a conseguire quell'alto grado di perfezione, neppur relativamente e limitatamente alle forze, {indole,} qualità, e capacità delle rispettive lingue. (8. Luglio 1823.).