9-10. Sett. 1823.
[3389,1] La lingua spagnuola, secondo me, può essere agli
scrittori italiani una sorgente di buona e bella ed utile novità ond'essi
arricchiscano la nostra lingua, massimamente di locuzioni e di modi.
[3389,2] 1.o Io penso che niuno possa pienamente discorrere
di niuna delle cinque lingue che compongono la nostra famiglia, ciò sono greca,
latina, italiana, spagnuola, e francese, s'egli non le conosce più che
mediocremente tutte cinque.
[3389,3] 2.o La lingua spagnuola è sorella carnalissima della
nostra. Or come sia ragionevole il derivar
3390 nuove
ricchezze nella lingua propria dalle lingue sorelle, vedi, fra l'altre, p. 3192-6.
[3390,1] 3.o La potenza avuta dagli Spagnuoli in
europa, e in italia
nominatamente, al tempo appunto che la lingua e letteratura nostra si formava e
perfezionava, ciò fu nel cinquecento, fece che molte voci e molte più locuzioni
e forme spagnuole fossero, non solo dal volgo e nel discorso familiare, ma dai
dotti e dai letterati nella lingua scritta ed illustre italiana introdotte o
accettate in quel secolo e nel seguente eziandio. (dal Redi, dal Salvini, dal Dati ec. V.
p. es. la Crusca in {alborotto,}
verdadiero. Dallo spagn. viene l'avv. giacchè o già che
{per poichè,} usitatissimo
appo i nostri migliori del seicento).
{V. p. 3728.}
Perocchè la lingua spagnuola era a quel tempo generalmente studiata, intesa,
parlata, scritta, e fino stampata, in italia. (V. Speroni
Oraz. in lode del Bembo nelle Orazz.
Ven. 1596. p. 144;
Caro
lett. vol. 2. lett. 177.) E
questa è primieramente un'ottima ragione perchè dalla lingua spagnuola si possa
ancora
3391 attingere, dico l'essersene già molto
attinto. Così sempre accade nelle lingue. Il già tolto {d'altronde} e naturalizzato, prepara gli orecchi e il gusto a quello
che si voglia ancor torre dallo stesso luogo, appiana la strada, apparecchia
quasi il posto {e il letto} alle novità che dalla
medesima fonte si vogliano dedurre, {+e
ne facilita l'introduzione.} Il canale è scavato, nè fa di bisogno
fabbricarlo; sta allo scrittore il dar corso per esso alle acque, giusta la
misura che gli paia opportuna. Aggiungasi a questo, che tale commercio onde la
lingua italiana si arricchì della spagnuola, fu, come ho detto, nel secolo in
che la nostra lingua si formò e perfezionò, e prese o determinò il suo
carattere, cioè nel cinquecento; ond'è ben naturale che molte parti della lingua
spagnuola {+non ancora da noi
ricevute,} convengano e consuonino colle proprietà della nostra
lingua, poichè non poche forme e locuzioni, ed anche non poche voci spagnuole e
significazioni di voci, entrarono nella composizione della nostra lingua {appunto} quand'ella ricevè la sua piena forma e
perfezionamento e la {distinta} specifica impronta del
suo
3392 carattere. Finalmente è da osservarsi che
mentre i nostri antichi non solo nel cinquecento, ma fin dal ducento e dal
trecento introdussero nella lingua nostra moltissime voci, locuzioni e forme
francesi che ancora in buona parte vi si conservano, queste, da tanto tempo in
qua, e similmente quelle altre infinite che i moderni v'introdussero e
v'introducono tuttavia, serbano sempre, chi ben le guarda, una sembianza e una
fisonomia di forestiere, massime le locuzioni e forme. Laddove le frasi e i
modi, ed anche i vocaboli spagnuoli introdotti nella nostra lingua, stanno e
conversano in essa colle nostre voci italiane così naturalmente che paiono non
venuti ma nati, non ispagnuoli ma italiani quanto alcun altro mai possa essere e
quanto lo sono i nostri propri vocaboli. Anzi io so certo che pochissimi, ma
veramente pochissimi, sanno, o sapendo, avvertono questi tali esser modi e
vocaboli {o significati} d'origine spagnuola. Ben {ne} veggo assai sovente de' riputati e battezzati per
purissimi italiani natii, {#1. massimamente
modi e significati.} Nè me ne maraviglio, perocchè in essi la
differenza dell'origine nulla si sente, ed è possibile il saperla, ma
3393 non il sentirla. E non voglio tacere che delle
tante parole, frasi e forme francesi introdotte da' nostri antichi, sia {ducentisti, sia} trecentisti, sia cinquecentisti, sia
secentisti, nell'italiano, grandissima parte, e forse la maggiore, è uscita
dall'uso nostro ed antiquata per modo che oggidì nemmeno il più sfrontato e
impudente gallicista e parlatore o scrittore di francese maccheronico sarebbe
ardito di usarle. E ciò, quanto a quelle che furono tra noi usate nel ducento o
nel trecento, è accaduto da gran tempo in qua, cioè fino dal cinquecento, nel
qual secolo le antiche voci francesi - italiane che oggi più non s'usano, erano
parimente quasi tutte dimenticate, benchè delle altre se ne introducessero. Ma
delle voci e maniere spagnuole {+introdotte fra noi,} ben poche o la minor parte, o certo in assai
minor numero che delle francesi, si trovano oggidì esser cadute dell'uso nostro.
Le altre han posto da gran tempo saldissime radici {+nella lingua italiana,} come quelle che l'hanno
trovata esser terreno proprio da loro, e tale che l'esservi esse state
3394 piuttosto traspiantate che prodotte spontaneamente
e primieramente, sia piuttosto caso che natura.

[3394,1] 4.o La lingua spagnuola è carnal sorella
dell'italiana, non di {famiglia} solo e di nascita e di
eredità, ma di volto, di persona e di costumi. Nè la lingua francese se le può
paragonare per questo conto, non più ch'ella si possa comparare all'italiana o
alla spagnuola per conto della somiglianza, sia esteriore sia interiore, colla
madre comune. La lingua spagnuola è piuttosto altra che diversa dall'italiana.
Ed era ben ragione che così fosse, perocchè l'italia, la
spagna e la grecia
sono in europa per natura di clima, di terreno e di cielo
le più conformi provincie meridionali. {#1.
La storia offrirà molte prove di fatto della conformità fra l'indole
spagnuola e italiana (e greca). Fra l'altre cose, l'abuso pubblico e privato
della religion cristiana fatto nella spagna, non ha
nella storia moderna altro più simigliante che quello fatto in
italia, e quanto all'opinioni, e quanto alle
azioni, e quanto alle istituzioni, leggi, usi, costumi ec. e tutto ciò ch'è
influito dalla religione. Veggansi le pp. 3572-84
, e massime dalla 3575. in
poi.} Or tra queste, la spagna e
l'italia avendo l'una dato, l'altra ricevuto una
stessissima lingua, era ben naturale che in processo di tempo ambedue {riuscissero} tanto {e niente
meno} conformi di linguaggio, quanto a due separate nazioni è
possibile il più. Laddove la Francia che una medesima
lingua ricevè dall'italia ancor essa, partecipando però
del settentrionale
3395 e pel clima e per l'indole e
per gli avvenimenti che la storia descrive, settentrionalizzò la sua ricevuta
lingua, e fecene un misto nuovo, suo proprio e bello, come altrove s'è detto
pp. 2989-90
pp.
3252-53. E intanto allontanandosi {da' suoni}
dalle forme e dal genio della lingua madre, l'idioma francese col medesimo passo
si divise eziandio dall'indole, dallo spirito e dalla qualità de' suoni delle
lingue sorelle, che sempre alla madre si attennero quanto comportarono i tempi e
le circostanze; e che quantunque inondate ancor esse dalle lingue
settentrionali, pure per la totale diversità del clima e dell'indole delle loro
regioni, se ne mantennero così pure, che pervenute {per così
dire} a seccarle, soltanto pochissime parole, niuna forma, niuna
qualità appartenente al genio ed all'indole, si trovarono averne contratto.
Veramente la lingua spagnuola e per carattere e per forme e per costrutti e per
suoni e per che che sia, è così conforme all'italiana, che {altre} due lingue colte così tra loro conformi non si trovano ch'io
mi creda, nè mai, ch'io sappia, si ritrovarono.
3396 E
più conformi sarebbero le suddette due lingue se la
spagna avesse avuto e potesse vantare più vasta,
copiosa e varia, più lunga, e più perfetta letteratura, ch'ella non ebbe. Dico
sarebbono più conformi per ciò che tocca alla quantità, come dire alla
ricchezza, alla varietà e cose tali. Chè per certo non mancò alla lingua
spagnuola se non quello che ho detto, per essere anche in queste parti
comparabile alla lingua italiana; per esserlo cioè in tutto, anche nella
quantità, siccom'essa lo è nella qualità, eccetto solamente che ancor nelle sue
qualità ell'è meno perfetta dell'italiana. Del rimanente ella, quanto alla
qualità, non potrebbe quasi essere più conforme alla nostra di quel ch'ella
sia.
[3396,1] 5.o Nè tale sarebbe se la letteratura spagnuola,
benchè cedendo d'assai all'italiana per la quantità, non le fosse pari del tutto
nella qualità, salvo la minore perfezione di ciascun suo attributo. Le stesse
cagioni, sì naturali, sì accidentali, che ci resero gli spagnuoli così conformi
di lingua, ce li fecero altrettanto conformi
3397 nella
letteratura. Nè poteva essere altrimenti, perchè l'una e l'altra vanno sempre
del pari. Certo è che nel cinquecento, secolo aureo e principale {{non meno}} della lingua e letteratura spagnuola che
della italiana, il commercio tra queste due letterature fu strettissimo, e
l'influenza reciproca; bensì maggiore d'assai quella dell'italiana sulla
spagnuola che viceversa, perchè l'italiana era di gran lunga maggiore, e portata
ad un alto grado già molto prima, cioè nel 300. Laonde, se imitazione vi fu, non
è dubbio che gli spagnuoli imitarono, e gli scrittori italiani furono loro
modelli. Ma senza più stendersi in questo, egli è certissimo ed evidente che
{il} buono e classico stile spagnuolo e lo stile
italiano buono e classico, salvo che quello è meno perfetto, non sono
onninamente che uno solo. Ora quanta parte abbia la lingua nello stile, {#1. Veggasi fra l'altre, la p. 2906. segg.} quanta
influenza lo stile nella lingua, come sovente sia difficile e quasi impossibile
il distinguere questa da quello, e le proprietà dell'una da quelle dell'altro, o
si parli di uno scrittore e di una scrittura particolarmente,
3398 o di un genere, o di una letteratura in universale; sono cose da
me altrove accennate più volte pp. 2796-98
pp.
2906. sgg.. Basti ora il dire che non si è mai per ancora veduto in
alcun secolo, appo nazione alcuna, stile corrotto o barbaro e rozzo, e lingua
pura o delicata, nè viceversa, ma sempre {+e in ogni luogo} la rozzezza, la {purità, la} perfezione, la decadenza, la corruttela
della lingua e dello stile si sono trovate in compagnia. {#1. Massime ne' prosatori: quanto a' poeti vedi la p. 3419.} Chè se ne'
nostri trecentisti la lingua è pura e lo stile sciocco, 1.o lo stile non pecca
se non per difetto {di virtù, per inartifizio, e mancanza
d'arte e di coltura,} ma niun vizio ha e niuna qualità malvagia;
sicchè non può chiamarsi corrotto: 2.o lo stile {+de' trecentisti} è semplice e nella semplicità
energico, come porta la natura, e tale nè più nè meno è la lingua loro, la quale
generalmente non ha pregio nessuno se non questi, che sono pur pregi dello
stile, ma {non sempre, e} che non bastano: 3.o che che
ne dicano i pedanti, ogni volta che lo stile de' trecentisti pecca di rozzo,
anche la lor lingua è rozza; ogni volta che di barbaro, anche la lingua è
barbara; ogni volta che di eccessiva semplicità {ed
inartifizio,} anche la semplicità della
3399
lingua passa i termini, com'è stato ben provato in questi ultimi tempi; e
finalmente se talvolta il loro stile è tumido, falso, o insomma corrotto
comunque, (benchè tal corruzione in loro sia piuttosto fanciullesca {e d'ignoranza,} che manifestante il cattivo gusto, e la
depravazione, che in essi non poteva aver luogo), allora anche la lingua non è
da noi chiamata pura, se non perchè ed in quanto antica, secondo le osservazioni
da me fatte altrove pp. 2520-21
pp.
2529. sgg. circa quello che si chiama purità di lingua.
[3399,1] Adunque lo stile che colla lingua è così
strettamente legato, è lo stesso nello spagn. e nell'italiano. Dico quello stile
che dall'una e dall'altra nazione è riconosciuto per classico. Ebbero anche i
francesi nel medesimo secolo del cinquecento uno stile conforme o quasi conforme
allo spagn. e all'italiano, ma esso non è riconosciuto oggidì per classico da
quella nazione, nè per tale fu riconosciuto in quel secolo in che la letteratura
francese pigliò forma e carattere e perfezionossi, in somma nel secolo aureo che
dà legge
3400 e norma, generalmente parlando, alla
{lingua e} letteratura francese di qualunque secolo
successivo. E se pur quello stile {talvolta} è o fu
riconosciuto per classico da' francesi (come in Amyot), ciò è come un classico che essi non debbono
seguire nè imitare, un classico diverso da quello che è classico oggidì per loro
nelle scritture di questo secolo, {+un
classico che in queste scritture sarebbe vizio, anzi non si comporterebbe,
anzi non senza fatica s'intenderebbe;} una lingua in somma e uno stile
che, secondo confessano essi medesimi, ancorchè bello e classico, non è più
loro.
[3400,1] Lo stile e la letteratura spagnuola forma veramente
(quanto alla sua indole) una sola famiglia collo stile e letteratura greca,
latina e italiana. Lo stile e la letteratura francese per lo contrario
appartengono a una famiglia ben distinta dalla suddetta. La letteratura francese
insieme con quelle ch'essa ha prodotte, ciò sono la inglese del tempo della regina Anna, la
Svedese, la russa, (e credo eziandio l'olandese), forma in
europa, propriamente parlando, una terza distinta
famiglia, un terzo genere di letteratura e di stile: intendendo per seconda
famiglia di letterature
3401 europee quelle di
carattere settentrionale, cioè l'inglese de' tempi d'Ossian e di quelli di Shakespeare, e la moderna ch'è una continuazione di
questa, la tedesca, l'antica scandinava, {illirica,} e
simili. (Sebbene il carattere scandinavo e illirico, sì delle nazioni, sì delle
letterature, è distinto dal teutonico ec. Ma non esiste letteratura scandinava
nè illirica, se non antica e mal nota, perchè la presente letteratura Svedese,
Danese, russa ec. non è che francese. Staël nel principio dell'Alemagna). Come altrove ho
detto della lingua, {#1. Veggasi la
p. 2989.} così della letteratura e dello stile
francese si deve dire. Essi tengono il mezzo tra il meridionale e il
settentrionale, tra il classico e il romantico; essi formano una categoria
propria, niente meno diversa e distinta da quella delle letterature e stili
greco, latino, italiano classico, spagnuolo classico, e dall'indole {e spirito} loro, di quel ch'ella sia dalle letterature
inglese moderna, tedesca, e loro affini o simiglianti. {{V. p.
3559.}}
[3401,1] Quel carattere di nobiltà, di dignità, di ardire, di
semplicità, di naturalezza ec. {ec.} che distingue
3402 gl'idiomi e gli stili greco e latino, non si
possono in alcuna lingua del mondo, nè moderna nè antica, esprimer meglio nè più
spontaneamente e naturalmente che nella italiana e nella spagnuola, e negli
stili riconosciuti respettivamente per classici appo queste due nazioni: nè si
potrebbero, assolutamente parlando, esprimer meglio di quello che queste due
lingue e questi due stili possano fare. Dico possano fare, perchè lo spagn. non
lo ha forse ancora mai fatto perfettamente, benchè la sua indole e lo comporti e
lo richiegga. Dico quel tal carattere identico di nobiltà ec. proprio della
lingua e stile greco e latino. Le qualità medesime in genere, come la nobiltà in
genere ec. possono esser proprie anche del francese e del tedesco e d'ogni
lingua colta, ma quel tal carattere individuale e identico di nobiltà ec. che
distingue i suddetti stili {greco e latino,} non solo
non lo richieggono nè l'amano, ma in niun modo lo comportano, gli stili
francese, inglese ec. Questi possono esser nobili, ma in altro modo; semplici ma
in diversissimo
3403 modo; naturali ma tutt'altra
naturalezza, perch'egli hanno tutt'altra natura, e tutt'altro carattere hanno le
rispettive nazioni, e tutt'altro per queste è naturale; arditi, ma la lingua
francese rispetto a se stessa solamente, chè rispetto all'altre, e assolutamente
parlando, è timidissima, al contrario della greca e della latina, e della spagn.
e italiana altresì: le restanti lingue e stili possono essere arditi, anche più
del greco e del latino, anche più dello spagn. e dell'italiano, ma in tutt'altro
modo.
[3403,1] E per recare un esempio; laddove la lingua e lo
stile spagn. e italiano si piegano naturalmente e quasi da se al dignitoso, come
il greco e il latino (che in qualunque genere e materia hanno sempre del grave e
dell'elevato), lo stile francese non ci si piega per niun modo, ma sempre tira
al familiare e al piano. Contuttociò egli pure ottiene di staccarsi dal
familiare e dal volgo, di sostenersi, d'innalzarsi; ma come? Con un copiosissimo
uso d'immagini, pensieri ed espressioni poetiche.
3404
E non mezzanamente confusamente o solo in parte poetiche, ma forte espressa e
totalmente. Senza ciò non ottiene mai dignità ed elevazione, e sempre tira al
basso, e si accosta al discorso ordinario, allo stile parlato, di conversazione
ec. Ma ciò è ben diverso, e in certo senso, contrario al modo in che i greci e i
latini davano dignità ed elevatezza al loro stile, {+in che gliene diedero i nostri classici e gli spagnuoli,
benchè non sempre perfetti nel loro genere di stile, come avrebbero e potuto
e dovuto essere, e come esigeva naturalmente esso genere di stile, e
l'indole {stessa} della lingua ec. Si possono
vedere le pagg. 3413. segg. e
3561. segg. ec. Vedi quello
che altrove ho detto sopra il poetico dello stile di Floro
pp.
526-27, {v. p. 3420.,} e quello che ho detto sopra ciò, che la
lingua francese sempre prosaica {nel verso,} è
oggimai sempre poetica nella prosa; e altri tali pensieri pp.
373-75
pp. 1812-15
p.
2484
pp. 2666-68.}
[3404,1] Venendo alla conchiusione, ripeto che da una lingua
così conforme alla nostra, come ho mostrato essere la spagnuola, {per ogni verso, e} per tante cagioni naturali,
accidentali, intrinseche, estrinseche ec.; da una lingua sorella com'essa è
all'italiana; da una lingua ec. {ec.;} molta bella ed
utile novità possono trarre gli scrittori italiani moderni, come ne trassero gli
antichi e classici nostri. Ma voglio io perciò introdotti nella lingua italiana
degli spagnuolismi? Tanto come, consigliando
3405 di
attingere dal latino, intendo consigliare che s'introducano nell'italiano de'
latinismi. {#1. Molto meno io vorrei
consigliare che la lingua o lo scrittore italiano si modellasse sulla lingua
spagnuola, molto alla nostra inferiore in perfezione, benchè conforme in
carattere. Oltre che una lingua già perfetta non si dee modellare, anzi dee
fuggir di modellarsi sopra alcuna altra, {+sia quanto si vuole perfettissima.} E così a
proporzione discorrasi della letteratura ec.} Sono nel latino molte
parole, nello spagnuolo alcune, nel greco, nel latino e nello spagnuolo
moltissimi modi e forme di dire, {+(e
molte significazioni di vocaboli o modi già fatti italiani)} le quali
tutte non per altro non sono italiane, se perchè da veruno per anche non
introdotte nella nostra lingua. Adoperandole nell'italiano, elle sarebbero così
bene intese, cadrebbero così bene e facilmente, parrebbero così spontanee e
naturali, sarebbero così lontane da ogni sembianza d'affettate, che niuno
s'accorgerebbe non pur ch'elle fossero o greche o latine o spagnuole anzi, o
più, che italiane, ma neppur sentirebbe che fossero nuove nella nostra lingua,
nè se n'avvedrebbe in altro modo che ricercandone espressamente il vocabolario.
O se vi sentisse della novità, ne sentirebbe quel tanto e non più, che dà
grazia, eleganza, forza, nobiltà, bellezza allo stile e alla lingua, e dividono
l'una e l'altra dal popolo, il che non pur è concesso ma richiesto al nobile
scrittore in qualunque genere. Queste
3406 voci, frasi,
forme, benchè latine, greche, spagnuole di origine; benchè non mai per l'innanzi
usate o sentite in italiano; introdotte che vi fossero, non sarebbero nè
latinismi nè grecismi nè spagnolismi, perchè non vi si conoscerebbe nè la
latinità, nè la grecità ec., o se vi si conoscerebbe, non vi si sentirebbe, ch'è
quel che importa; nè vi si conoscerebbe che per cagioni estrinseche e proprie
del lettore, cioè per la cognizione che questi avrebbe di quelle lingue, e degli
scrittori italiani ec.; non per cagioni intrinseche, cioè proprie di quella tale
scrittura, stile ec. per le qualità di quelle tali voci, frasi ec. rispetto alla
lingua italiana o a quel tal genere e stile. Altre voci, frasi, forme, {significazioni} sono in gran numero nelle dette lingue,
che si potrebbero pure utilissimamente introdurre nella italiana, ma non altrove
che in certi luoghi, con certi contorni, {preparazioni
ec.} nè senza molta avvertenza, arte, discrezione, giudizio
dell'opportunità ec. Con le quali condizioni, {nè}
anche queste (che sono in molto maggior numero dell'altre sopraddette) non
riuscirebbero nè latinismi nè grecismi ec. per le stesse ragioni.
3407 Ovunque si
senta latinità, grecità ec. o un sapore di non nazionale, indipendentemente dalle cognizioni ec. del
lettore, e per propria qualità della parola o frase, o del modo in ch'ella è
adoperata, quivi è latinismo, grecismo ec. quivi barbarismo, quivi sempre vizio.
E siccome nei contrarii casi suddetti, malgrado la vera novità, niun vizio, anzi
pregio vi sarebbe; così in questo caso, niun pregio sarebbevi, e sempre vizio,
quando anche la novità non fosse vera, cioè quando bene quella tal parola ec.
avesse già esempio d'autor classico nazionale, e n'avesse ancor molti; sia che
in tutti questi ella stesse parimente male, o che stando bene in questi, ella
stesse male nel dato caso, perchè {+non
intelligibile o difficile a intendere, perchè} male adoperata, e senza
i debiti riguardi, e in {+occasione e
con} circostanze non opportune ec. Similmente accade e si dee
discorrere intorno alle parole antiquate. La novità in una lingua, o la rarità
ec., insomma il pellegrino, da qualunque luogo sia tolto (o da' forestieri, o
dagli antichi classici nazionali ec.), deve sempre parere una
3408 pianta, bensì nuova nel paese o rara, ma nata nel terreno
medesimo della lingua nazionale, e non pur della nazionale, ma della lingua di
quel secolo, della lingua conveniente a quel genere a quello stile a quel luogo
della scrittura. Sempre ch'ella par forestiera {+(e recata d'altronde)} per qualunque ragione, e in
qualunque di questi sensi, ella è cattiva. Nel caso contrario è sempre
buona.
[3408,1] Lo studio della lingua greca, latina, spagnuola,
applicato a quello dell'italiana, non ci deve servire a latinizzare, grecizzare
ec. in niuna parte (sensibilmente) la nostra lingua. Esso ci deve servire e ci
serve mirabilmente a conoscere in quanti modi, niuno per anche usato, si possa
usare e rivolgere questa lingua italiana medesima che abbiam per le mani, si
possano comporre {insieme, o adoperare per se stesse}
le sue parole, {frasi} ec. Noi dobbiamo pescare in esse
lingue, non latinismi, grecismi, ec. ma, per dir così, voci e forme e frasi
italiane non per anche usate; delle quali esse lingue abbondano.
{Questo viene a essere, se così vogliamo
chiamarlo, un latinizzare, grecizzare ec. l'italiano, ma affatto
insensibilmente, e indistinguibilmente dall'italianizzare; un latinizzare
non diverso dall'italianizzare ec.} Studiandole (siccome
strettissimamente affini alla nostra, alla sua indole) ec. noi ci avveggiamo
3409 che {l'italiano può
adoperare} un tal modo, forma, voce, {significazione,} ch'e' non ha mai adoperato; la può adoperare, non
perchè latina, greca, spagnuola, ma perchè conforme all'indole dell'italiano
stesso, perchè questa lingua per se medesima, e tale qual ella è n'è capace;
perchè {appunto} adoperata nell'italiano, non parrà nè
latina nè greca nè spagnuola, ma parrà e sarà subito italiana. (cioè sarà intesa
subito, cadrà naturalmente, o dovunque o in certi tali generi o luoghi, ec.
ec.). Fatta questa scoperta, e avvedutici di questa verità, della quale senza lo
studio di quelle lingue non avremmo avuto alcuna notizia, noi introduciamo
nell'italiano quella tal frase ec. da niuno ancora usata, e che noi, se la
lingua latina ec. non ce l'avesse mostrata, non avremmo potuto concepire e
immaginare e inventare da noi medesimi e mediante la sola cognizione della
nr̃a[nostra] lingua, se non per caso.
{#1. V. p. 3738.} Così quelle lingue ci
somministrano copiose novità, che non sono nè latinismi nè grecismi, {ec.} ma italianismi o nuovi o rari, e questi bellissimi
e utilissimi, e insomma degnissimi d'entrare in uso. Nello stesso modo che sono
italianismi,
3410 e degnissimi d'entrare in uso,
infiniti vocaboli, locuzioni {+(significati)} e forme nuove, che l'abile e giudizioso e ben perito scrittore, può
inesauribilmente e incessantemente derivare, formare, comporre ec. dalle stesse
radici, degli stessi materiali, degli stessi capitali e fondi della lingua
nostra, profondamente conosciuti e perfettamente posseduti, seguendo sempre e
intieramente la vera indole e poprietà[proprietà] d'essa lingua, e conformandosi con tutte le sue qualità
sieno intrinseche, sieno estrinseche ec. (9-10. Sett. 1823.).
