1-2. Ott. 1823.
[3572,1]
Alla p. 3077.
È da notare che gli argomenti ch'io traggo da tali participii spagnuoli a
dimostrare
3573 gli antichi participii latini regolari
ec. (e così sempre che dallo spagnuolo io argomento all'antico latino, al
volgare ec.), sono tanto più valevoli, quanto siccome la lingua francese è
nell'estrinseco e nell'intrinseco, fra tutte le figlie della latina, la più
remota e alterata dalla lingua madre (secondo ho detto altrove pp. 965.
sgg.
pp. 1499. sgg.
pp. 2989-90
p. 3395), così la spagnuola è nell'estrinseco la più vicina, {#1. V. p. 3818.} mentre però nell'intrinseco lo è la italiana,
come altrove ho distinto pp.
1499-504. Ma dell'intrinseco poco ha che fare il nostro discorso. La
lingua spagnuola che per la forma esteriore delle parole ha più di tutte le sue
sorelle ereditato dalla latina, e che più di tutte {le
lingue,} a sentirla leggere o a vederla scritta, rappresenta l'esterna
faccia e il suono della latina e può con essa esser confusa; dev'esser
considerata come speciale e principale conservatrice dell'antichità, della
latinità, del volgar latino ec. quanto alla material forma delle parole e alla
proprietà delle loro inflessioni ec. che è quello che ora c'importa. La qual
conformità particolare col latino si può notar nello spagnuolo da per tutto, ma
nominatamente e singolarmente
3574 e forse più
ch'altrove, nelle coniugazioni de' verbi, il che fa appunto al nostro caso. AMO,
AMAS, AMAt, AMAMVS (lo spagn. muta l'u in o, e questa è la sola mutazione in tutto questo tempo), AMAtIS, AMANt.
Leggansi le sole maiuscole, e s'avrà la coniugazione spagnuola. La quale in
questo tempo è tutta latina, salvo l'omissione del t
in tre soli luoghi, {#1. È naturale agli
organi degli spagn. di non amare la pronunzia del t, onde nelle voci venute dal lat. spessissimo lo mutano in d ch'è più dolce (come fanno anche gl'italiani in
alcuni luoghi intorno alle voci italiane), spessissimo lo tralasciano, come
in questo nostro caso fanno, in parte anche gl'italiani e i francesi}
e la mutazione dell'u in o
in un luogo, mutazione pur tutta latina (vulgus -
volgus ec. ec. ec.) e propria senz'alcun dubbio, {anche in questo caso,} o di tutto l'antico volgo che parlò latino, o
di molte parti e dialetti di esso. Infatti tal mutazione non solo è propria e
dell'italiano e del francese in questo medesimo caso sempre, ma ordinarissima e
quasi perpetua (massime nell'italiano) in quasi tutti o nella più parte degli
altri casi, sì nelle desinenze, sì nel mezzo delle parole o nel principio. V-u-lg-u-s - V-o-lg-o. {#2. Sicché amamos p. amamus non si
dee neppure chiamar mutazione quanto allo spagnuolo, non essendo stata fatta
da esso ma nel latino medesimo, anzi non essendo stata neppur in latino
altro che un'[un] accidente, una qualità,
una maniera di pronunzia. Insomma amamos è latino;
e lo spagn. in questa voce è puro (ed antico e non men che moderno) latino
conservato nel lat. volgare. ec.} La congiugazione italiana è ben più
mutata, e molto più dell'italiana la francese. Basta a noi che le regole e le
inflessioni della coniugazione latina sieno specialmente conservate nella
spagnuola, ancorchè gli elementi del verbo che non toccano l'inflessione
3575 e la regola della coniugazione sieno alterati, o
soppressi ec. Come leo è mutato da lego. Ma la coniugazione di quello essendo similissima
alla coniugazione di questo, l'omissione del g, in cui
consiste l'alterazione di quello, non indebolisce punto l'argomento che dal suo
participio leido si cava a dimostrare il latino
corrispondente legitus. E così discorrete degli altri
casi e argomenti, o sieno dintorno a' participii, o a checchessia ch'appartenga
alle forme generali della congiugazione o d'altro ec.
[3575,1] È da notare che la suddetta specialissima conformità
colla lingua latina, nella quale conformità la spagnuola vince tutte l'altre, fu
da questa ed è propriamente conservata; {#1. V. p. 3638.} e che
avvenga che la conformità dell'intrinseco sia di molto maggior peso che non
l'estrinseca, nondimeno se la lingua italiana nella conformità col carattere
della latina, vince la spagnuola e con essa tutte l'altre moderne, questa
conformità non si può dir propriamente da lei conservata, ma riacquistata, e non
rimastagli naturalmente e spontaneamente da se, ma restituitagli con arte, dopo
già perduta. Perocch'ella fu in grandissima
3576 parte
opera de' nostri letterati che la lingua italiana modellarono sulla latina. E
così accade generalmente che il carattere di ciascuna lingua è formato e
determinato dalla sua letteratura. (Ben è vero che il carattere di questa
corrisponde al carattere nazionale, e ch'ella non potrebbe già andar contra la
natura e l'inclinazione della lingua, o ciò facendo, non riuscirebbe, o
malissimi effetti partorirebbe e poco durevoli). Ma l'estrinseca forma non si
conserva se non se naturalmente, e perduta che fosse, quasi impossibile sarebbe
il ricuperarla (siccome la forma intrinseca di nostra lingua, o s'attribuisca
alla letteratura o a che che si voglia, dovrà sempre dirsi, non propriamente
conservata, ma ricuperata). Laonde si può dire veramente che, quanto è alla
natura e al popolo, la latinità si è meglio e in maggior parte e più
propriamente conservata e conservasi in Ispagna che in
alcun'altra parte del mondo. (Per lo meno quanto alle voci e alle norme e regole
delle loro inflessioni e modificazioni, perchè quanto alle frasi, anche senza
uscir del popolo, pare che la latinità rimanga e siasi sempre conservata {ben} più in italia, com'
3577 è di ragione, che altrove, dove forse, parlando di
locuzioni popolari, neppur s'introdusse mai quel che tra noi si conserva ancora,
o se n'introdusse assai meno, o con differenze nate dalle lingue indigene e
dalle diversità de' climi e dall'altre circostanze. Or quel che mai non fu
introdotto, o che fu diverso nell'introdursi, non potea conservarsi).
[3577,1] Questa mirabile e così lunga conservazione di sì
speciale conformità col latino nella lingua spagnuola, conformità che passa
quella conservata nella stessa sede dell'antico latino, cioè in
italia, dee riconoscersi dalle stesse circostanze che
rendono e sempre resero gli spagnuoli, {+o loro permisero e permettono di essere} così tenaci de' loro
istituti, costumi, opinioni, {religione} ec.; così
stazionari nel loro carattere, nel grado della loro civiltà; così lenti ne' loro
progressi sociali ec. tanto che oggidì, dopo il rapido corso incominciato {e tenuto} dalle altre nazioni nell'ultimo secolo, la
spagna, a paragone del resto
d'Europa, viene ad aver più del barbaro che del
civile: (onde è famoso il detto, mi pare, di Mons. de Pradt, che la spagna appartenendo
all'Africa, per
3578
isbaglio geografico si fa parte d'Europa). La stessa
gravità e posatezza delle maniere negl'individui spagnuoli, la lunghezza delle
lor cerimonie, de' loro preparativi alle operazioni manco importanti, e cose
simili, sono indizio della stabilità del carattere, costumi e opinioni
nazionali; perchè generalmente, come tutte le cose in natura osservano la legge
dell'analogia, gl'individui delle nazioni lente ne progressi sociali, letterarii
e simili, e tenaci del loro essere, sono tardi nell'operare e di carattere
riposato, e dove gl'individui son tali, tale è la nazione, e per lo contrario
nel caso opposto. E così discorrasi di ciascun'altra qualità nazionale, che suol
generalmente trovarsi ritratta e quasi compendiata negl'individui.
[3578,1] Or tornando al proposito, le dette circostanze si
possono dividere in geografiche, naturali e storiche. Se guardiamo alle prime,
il sito della Spagna ch'è in uno estremo
d'Europa, facendola poco frequentata dagli stranieri,
rende la nazione poco soggetta a variarsi. Le seconde sono il clima, e il
carattere nazionale in quanto alla parte fisica. Questo {+negli spagnuoli} è pigro e molle
3579 e vago del riposare e dello stare più che
dell'azione e del movimento, o certo capace di contentarsi facilmente del
riposo, per poco che l'operare gli sia impedito o reso difficile. Così suole ne'
climi caldi e felici. La terra molle e lieta e dilettosa Simili a se
gli abitator produce
*
(Tasso
Gerus. 1. 62.) Le circostanze istoriche corrispondono
alle suddette, e da esse sono influite e modificate ordinariamente, onde sono
piuttosto da considerar com'effetti che come cagioni. Pur non lasciano talvolta
di esser eziandio cagioni. Considerandole rispetto alla
spagna, le troveremo essere or l'uno or l'altro, onde
talvolta le troveremo come sorelle di quell'effetto di cui cerchiamo l'origine
(dico della singolare conservazione della latinità), talvolta come madri.
[3579,1] Nella generale inondazione di barbari che infestò le
contrade culte di Europa, la
Spagna non ebbe (credo) che i Vandali, (o gli
Ostrogoti) ec. i quali anche poco vi si mantennero; certo assai meno che in
italia non fecero i Goti, i Longobardi e i tanti
{e sì varii} popoli che la travagliarono e vi
fondarono e tennero regni ec.
3580 La
Spagna ebbe lunghissimo tempo i mori, e questi,
potenti e regnanti. Ma che, non le religioni, non le lingue, non i costumi,
{+non il sangue} di questi
conquistatori stranieri e degl'indigeni e in gran parte sudditi, si mescolarono
insieme mai. Due {+sangui, due}
religioni, due lingue, due maniere di vita, {in somma due
nazioni} diversissime, contrarie, nemiche, perseverarono sempre in
ispagna, e sempre divise e ben distinte l'una
dall'altra, benchè sempre l'una accanto all'altra, e materialmente confuse
insieme, e sugli occhi l'una dell'altra. Nè il maomettano riconobbe mai Cristo, nè il Cristiano Maometto, nè l'arabo lasciò la sua lingua per la
spagnuola, nè lo spagnuolo succhiò mai col latte altra lingua che l'indigena.
Cosa mirabile e che non ha, credo, altro esempio {oltre di
questo,} se non quello de' greci e de' turchi, il quale ancor dura, e
che altrove ho considerato pp.
1590-93 parlando della singolare tenacità de' greci rispetto ai loro
costumi, pratiche ec. come alla lingua. Tenacità in cui i greci non hanno forse
pari altra nazione che la {spagnuola,} nè la spagnuola
forse altra che la greca. E ben corrisponde la parità o somiglianza
3581 dei climi e delle qualità del cielo e del suolo in
ambo i paesi. E corrisponde eziandio la qualità degli stranieri, ambo arabi, non
di origine, ma di lingua (se non m'inganno), {+ed ambo maomettani di religione;} i mori di
spagna e i turchi. Con questa differenza però a favor
della spagna, che laddove i turchi barbari {e ignorantissimi} vennero in un paese civile {e dotto,} e barbari regnano sopra una gente per lor
cagione imbarbarita, {+e non più
coltivata;} i mori non barbari vennero in un paese già rozzo, e quasi
civili regnarono in un paese {molto} men civile di
loro. Ebbero i mori in ispagna un'estesissima
letteratura, e piene sono le biblioteche spagnuole e straniere delle loro opere
(alcune, come quelle di Averroe, note
per traduzioni e celebri in tutta Europa). Nè per tanto
poterono essi introdurre {nè lasciare} la loro
letteratura (ch'era pur l'unica a que' tempi in Europa)
tra gli spagnuoli che niuna ne avevano; nè la loro civiltà (altresì unica); nè
col mezzo {ed aiuto} di questa e della letteratura, la
loro lingua; nè poteron fare che nella spagna mezza
coperta e dominata da stranieri di diversissimo linguaggio e costume,
3582 e questi civili e letterati, e ciò per lunghissimo
tempo, non si conservasse la lingua indigena, quanto è al popolo, assai meglio
che nelle altre nazioni partecipi della stessa lingua, le quali non ebbero mai
stranieri nè civili nè letterati, e quei barbari che ebbero, o gli ebbero per
molto minore spazio di tempo, o ben tosto naturalizzati di costumi, di religione
ec.
[3582,1] Al contrario della spagna,
{e della grecia,} i franchi
nelle Gallie mescolarono ben tosto coi nazionali ogni
cosa; genere, sangue, nozze, costumi, lingua, fede, mutando i vincitori barbari
tutte le lor qualità e il lor carattere istesso in quello de' vinti civili. Così
proporzionatamente in italia i goti, i Longobardi ec. Or
questa mescolanza appunto nocque alla conservazione delle qualità indigene in
questi due paesi, e nominatamente a quella della lingua, della qual discorriamo.
I franchi non poterono divenir Galli, nè i goti ec. italiani, senza che i Galli
divenissero in molte parti Franchi, (come appunto poi sempre si chiamarono e
chiamano), e gl'italiani goti.
[3583,1]
3583 Finalmente la Spagna non
mai intieramente soggettata e signoreggiata da' mori (a differenza della
grecia) estirpò e scacciò affatto gli stranieri dal
suo seno. E non solo gli stranieri, ma con essi la lor fede, lingua,
letteratura, costumi e tutto. E non solo tutto questo, ma eziandio il sangue e
il genere straniero, che non mai potutosi mescolare col nazionale, tutto intero
quasi, fu finalmente rigettato fuori dalla nazione, restando questa così
puramente spagnuola di sangue (parlando senza guardare alle minuzie) come l'olio
resta puro quando si separa da qualche liquore a cui non siasi mai {punto} commisto. (E voglia Dio che anche in quest'ultima
parte la storia de' greci rispetto a' maomettani sia conforme a quella degli
spagnuoli, com'ella è nel resto, e come i greci oggi proccurano).
[3583,2] Laddove nella Gallia i
Franchi sempre regnarono, e spento il nome stesso de' nazionali, e mutatolo nel
loro proprio, e confusi intieramente con essi, ancora regnano, sicchè, quanto al
sangue, non si può dir se quella nazione sia piuttosto Gallese o Franca, quanto
alla religione è Gallese, quanto ai
3584 costumi e alla
lingua è parte Gallese (cioè latina) parte franca, benchè l'indigeno prevalga,
ma non quanto in ispagna. Similmente discorrete
dell'italia.
[3584,1] Della storia moderna di
spagna, della sua tenacissima fede e superstizione,
onde quanto alla religione ella è {ancora,} si può
dire, oggidì nè più nè meno qual fu quando scacciò i mori, e qual fu prima de'
mori e dello stesso Maometto, e qual fu
la Cristianità generalmente ne' bassi tempi, a differenza di tutte l'altre
moderne nazioni cristiane, e anche non cristiane; della mirabile antichità, per
così dir, di carattere da lei mostrata negli ultimi tempi, non accade parlare,
essendo cose assai note. E veggansi le pagg. 3394-6. (1-2. Ott. 1823.).