[2900,1] Discorrendo in questo modo, e raddoppiando o
ripiegando così la scala, troveremmo che l'uomo è veramente nella estremità non
della perfezione (come ci parrebbe se facessimo una scala sola o semplice e
retta), ma della imperfezione; e in una estremità più bassa ancora di quella che
è dall'altra parte della scala. Perocchè dalla comparativa imperfezione degli
esseri posti in quel grado, non ne segue ai medesimi alcuna infelicità laddove
all'uomo all'uomo grandissima.