[3324,2] Noi abbiamo una lingua; antica bensì, ma
ricchissima, vastissima, bellissima, potentissima, insomma colma d'ogni sorta di
pregi; perocchè abbiamo una letteratura, antica ancor essa, ma vasta, varia,
bellissima, abbondantissima di generi e di scrittori, splendidissima di
classici, durata per ben tre secoli e più, tale che rispetto all'età ch'ella
aveva quando fu tralasciata, l'età che hanno presentemente l'altre letterature,
è affatto giovanile. Per queste cagioni e per altre che ora non accade
specificare, questa lingua italiana che noi ci troviamo, supera di ricchezza, di
potenza, di varietà tutte le lingue moderne, salvo forse la tedesca; di bellezza
avanza d'assai tutte queste lingue senza eccezione nè dubbio alcuno; d'altri
pregi è superiore, non solamente a esse lingue, ma alle antiche eziandio. Tale
si è
3325 la lingua italiana per se ed intrinsecamente.
Ma ella è antica; cosa estrinseca; ed essendo antica non basta, nè si adatta tal
quale ella è, a chi vuole scriver cose moderne in maniera moderna. Perciò forse
potrà un uomo sano volere o concedere che una tal lingua si gitti e dimentichi
come divenuta del tutto inutile, e che dando all'italia
una letteratura moderna propria, se le debba dare con essa insieme una lingua
affatto nuova, come finora s'è fatto, o pigliandola dagli stranieri, ch'è pur
quel che s'è fatto, o creandola di pianta, quasi niuna, o solo una
imperfettissima e debole e scarsa e spregevole lingua, avesse avuto
l'italia per lo passato.