[3332,1] Tanta è la difficoltà di condurre a termine due
imprese di questa sorta, il che dovrebb'esser pure necessariamente lo scopo e
l'istituto di qualunque letterato italiano degno di questo nome; e d'altronde
egli è così vero che la letteratura e la lingua mai non si scompagnano, nè l'una
dall'altra si dissomigliano, e ch'egli è quasi impossibile di scrivere
perfettamente, e in forma che paia spontanea, una lingua per solo studio
apparata o fabbricatasi; che io siccome so certo che
l'italia non avrà propria letteratura moderna
finch'ella non avrà lingua moderna nazionale, così mi persuado che tal lingua
ella non avrà mai finchè non abbia tale letteratura: onde (se pur dobbiamo
sperarlo) nata una letteratura
3333 moderna italiana,
seco a paro nascerà una moderna lingua, e quindi di mano in mano cresceranno
ambedue appoco appoco, l'una insieme coll'altra e in virtù dell'altra
scambievolmente, ma più la lingua in virtù della letteratura, che questa per
l'aiuto di quella. E così con mio dispiacere predíco che seppur avremo mai più
lingua moderna propria, questa non nascerà dall'antica nè a lei corrisponderà,
ma nascendo dalla nuova letteratura, a questa sarà conforme: ed essendo di
origine straniera, ci si verrà appoco appoco appropriando e pigliando forme
nazionali (quai ch'elle saranno per essere; non già le antiche) a proporzione
che la nuova letteratura diverrà nazionale, e metterà radici in
italia, e si nutrirà e crescerà del nostro terreno, e
produrrà frutti propri italiani. A questo mi conduce il considerare che nè i
nostri antichi scrittori nè i moderni o antichi di nazione alcuna presente o
passata, furono mai pensatori, originali ec. scrivendo in altra lingua che in
quella del loro secolo e in quella usata generalmente
3334 da' nazionali, {e che loro veniva alla penna
spontanea,} ben da loro assai volte (come da Cic.) raffinata, riformata, accresciuta, perfezionata,
ma non mai per solo studio appresa, per solo studio quasi ricreata. Al quale
immenso travaglio, ed alla continua difficoltà di scrivere e perfettamente
scrivere in una tal lingua ancor dopo appresa, formata e posseduta, è {quasi} impossibile trovare un pensatore originale, un
gran filosofo, un uomo di genio e di grande immaginazione, che si assoggetti; o
che assoggettandocisi, si conservi in se stesso e ne' suoi scritti, pensatore,
filosofo, originale; senza di che sarebbe inutile l'esservisi assoggettato. Non
altrimenti che siaõ[siano] inutili allo scopo
di dare all'italia lingua e letteratura moderna propria,
coloro che oggi si sforzano di scrivere in buono italiano, da' quali è rimota
ogni sorta di pensiero, non solo nuovo
ma moderno, e che avendo a nominar qualche cosa moderna, la nominano o accennano
copertamente, e avendo talvolta a mostrare qualche conoscenza, qualche idea di
quelle che i nostri antichi non avevano, si fanno un pregio e un dovere di non
farlo che dissimulatamente, fingendosi
3335 il più che
possono ignoranti di quanto gli antichi ignoravano. E non altrimenti che inutili
al sopraddetto scopo sieno oggidì coloro che tra noi pur pensano qualche cosa
(ben pochi e poco), o che da' paesi di fuori recano a noi qualche pensiero ec. i
quali tutti non iscrivono italiano ma barbaro. E questa separazione e
distinzione di gente che scrive in italiano (vero o preteso), e gente che pensa,
stimo per le suddette ragioni, che sempre sia per durare in
italia; mentre questi non prevagliano a quelli,
formando finalmente appoco appoco un nuovo italiano {illustre} e rendendolo universale tra noi in vece dell'antico. Dal
che siamo ancora ben lontani, massime oggidì, che il numero e il valore di
quelle ombre di filosofi che ha veduto fin qui l'italia,
va pur sempre notabilissimamente scemando; e sempre per lo contrario crescendo,
non il valore, ma il numero di quelli che pretendono e aspirano a scrivere il
buon italiano; onde l'italia è quasi tutta rivolta di
nuovo alla sua antica lingua, e di pensieri oramai nulla più pensa nè
3336 cura nè richiede; propriamente nulla.