[364,3] La filosofia e la natura de' tempi e della vita
presente s'ha per capital nemica della Religione, ed è vero. Contuttociò se
l'uomo doveva esser filosofo, far della ragione quell'uso che ora ne fa,
conoscere tutto quello che ora conosce, e generalmente s'egli doveva vivere come
ora vive, e se i tempi dovevano essere quali ora sono, o il sistema della natura
e delle cose è totalmente assurdo e contraddittorio, o bisogna necessariamente
ammettere una Religione. Perchè se l'uomo doveva essere inevitabilmente
infelice, come ora accade, ne
365 segue che al primo
nell'ordine degli enti, è meglio il non essere che l'essere, ne segue che l'uomo
non solo non deve amare nè conservare la sua esistenza, ma distruggerla; in
maniera che la sua stessa esistenza rinchiuda non dirò un germe nè un principio
di distruzione, ma quasi una distruzione formale e completa; ne segue che la
vita ripugna alla vita, l'esistenza all'esistenza, giacchè l'uomo non verrebbe
ad esistere se non per cercare di non esistere, quando conoscesse il suo vero
destino. La qual cosa è un'assurdità e una contraddizione sostanziale e capitale
nel sistema della natura. Per lo contrario se l'uomo non doveva essere quale ora
è, se la natura l'aveva fatto diversamente, se gli aveva opposto ogni possibile
ostacolo al conoscere quello che ha conosciuto e al divenire quello ch'è
divenuto, allora dallo stato presente dell'uomo, e dalle assurdità che ne
risultano, non si può dedur nulla intorno al vero, naturale, primitivo ed
immutabile ordine delle cose; come se un animale si rompe una gamba, non se ne
può dedur nulla intorno all'ordine generale, perchè questo è un inconveniente
particolare. Così lo stato {presente} dell'uomo, e le
assurdità sue, dovranno esser considerate come una particolarità indipendente
dall'ordine e dal sistema generale e
366 destinato, e
costante, e primordiale. Che se anche non c'è più rimedio per l'uomo, nemmeno
per chi si tagli una gamba, o sia schiacciato da una pietra, c'è più rimedio.
Basta che il male non sia colpa della natura, non derivi necessariamente
dall'ordine delle cose, non sia inerente al sistema universale; ma sia come
un'eccezione, un inconveniente, un errore accidentale nel corso e nell'uso del
detto sistema. {{V. p.
370.
e 1079. fine.}}