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[3688,1]  Io credo certo che tutti questi tali verbi  3689 sieno originariamente fatti da altri verbi ignoti, come vivesco dal noto vivo, {#2. V. p. 3708.} hisco dal noto hio, e altri tali di questa desinenza in sco. E lo credo perchè, come vivesco significa divenir vivo, cioè divenir quello che dal verbo vivo è significato essere, cioè esser vivo, e come hisco significa aprirsi, cioè divenire aperto, mentre hio significa essere o stare aperto ec.; così tutti i detti verbi nosco, nascor, adipiscor, suesco, adolesco, cresco ec. di cui non si conoscono gli originali, significano però divenire, incominciare a essere o a fare quella tal cosa o azione, venir essendo o soffrendo ec. {#1. secondo ch'e' sono neutri o attivi {ec.} di senso, e così i rispettivi verbi originali ec.} che è proprietà del significato de' verbi latini in sco. E stimo che dovessero avervi per tutti questi, altrettanti verbi originali che significassero il pieno essere quella tal cosa, il pieno fare o patire quella tale azione o passione. Come vivo rispetto a vivesco, hio rispetto ad hisco, ed altri tali non pochi. Così augesco rispetto ad augeo neutro (v. Forcellini in Augeo sulla fine). Così scisco da scio, è propriamente  3690 divenire sciens, cioè quasi imparare, intendere, conscius, certior fieri, divenire, esser fatto consapevole, e quel che i latini dicono discere, il qual verbo (che manca del supino) spetta pure a questa categoria. E poichè i perfetti e supini di tali verbi (se e' gli hanno) non sono regolari, io credo che ciò sia perchè questi non son loro, ma di {altri} verbi originali, ne' quali essi sarebbero regolari, e stimo che tale irregolarità e tali perfetti e supini, convenienti ad altri verbi, e sconvenienti (per analogia grammaticale) a quei verbi a cui ora appartengono, dinotino altri verbi originali perduti. Massime che si trovano vestigi de' supini ec. regolari di detti verbi ch'ora esistono, come noscitare, nasciturus, che mostrano i regolari supini di nascor e nosco, cioè noscitus e nascitus; i quali non è verisimile che sieno stati contratti essi medesimi in natus e notus, e che sieno grammaticalmente tutt'uno con questi{# 1.Posco ha poposci, cioè, tolta la duplicazione (ch'è un accidente), posci, regolare, e non povi. Perchè dunque nosco novi? Posco non ha il supino oggidì. Perchè scisco scivi, suesco evi, e non suesci, nosci ec.?} Il difettivo novi novisti, usato in senso presente ec. (ond'e' non si può considerare per parte di nosco, come fanno i grammatici) è, secondo me un avanzo e un segno  3691 evidente di no verbo perduto, che nel perfetto fece novi, e nel supino notum (come po fece potum che ancor resta, onde potare: resta anche potus participio ec.), voci poi trasportate al suo derivato nosco, che grammaticalmente è in verità difettivo, non men di novi isti con cui egli è supplito, facendo d'ambo un solo {#1. Che novi novisti spetti ad altro verbo che a nosco, provasi e dal suo significato del presente (or perchè ciò s'e' fosse il proprio perfetto di nosco? il quale ha pure il presente ec.) e dell'imperfetto nel piuccheperfetto ec.; e dal veder che i grammatici, sebbene da un lato l'appropriano a nosco, dall'altro lato tutti, antichi e moderni lo considerano e chiamano difettivo, come memini, nè più nè meno. Dunque gli suppongono un altro tema, e questo ignoto, come a memini, odi ec.} Così memini è avanzo e segno certo di meno perduto, anzi rimasto difettivo; da cui reminiscor o reminisco (mancante di perfetto e supino) che spetta pure a questa categoria, e s'altri v'ha, suoi compagni; come, secondo me, comminiscor, che viene, credo, da meno (non da mens come Forcell.), a cui o a commeno (ignoto) spetta, grammaticalmente parlando, il participio commentus, contratto da menitus o da commenitus. (Puoi vedere la p. 2774.)