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[3738,1]   3738 Alla p. 3409. Similmente la lettura di que' nostri classici (e son quasi tutti) che hanno arricchita la lingua col derivar prudentemente vocaboli e modi dal latino, dal greco, dallo spagnuolo o donde che sia, ci giova sommamente ad arricchirci nella lingua, non in quanto noi con tale lettura apprendiamo que' vocaboli e modi come usati da quegli scrittori, e perciò come usabili da noi ancora, per esser quegli scrittori, autentici in fatto di lingua; chè questa sarebbe maniera di utilità pedantesca, e nel vero se quei vocaboli e modi {riuscissero} nell'italiano latinismi e spagnolismi ec. non dovremmo imitar quelli che gli usarono, benchè classici ed autentici scrittori, nè l'autorità loro ci gioverebbe presso i sani, quando noi volessimo usar di nuovo quelle voci e quei modi. Ma detta lettura {ci} giova in quanto ella ci ammonisce per l'esperienza presente che ne veggiamo negli scrittori, la lingua italiana esser capacissima di quelle voci e maniere; perocchè noi veggiamo sotto gli occhi, che sebben forestiere di origine, elle  3739 stanno in quelle scritture come native del nostro suolo, ed hanno un abito tale che non si distinguono dalle italiane native di fatto, e vi riescono come proprie della lingua, e così sono italiane di potenza, come l'altre lo sono di fatto, onde il renderle italiane di fatto non dipende che da chi voglia e sappia usarle; e per esperienza veggiamo che quegli scrittori, trasportandole nell'italiano, le hanno benissimo potute rendere, e le hanno effettivamente rese, italiane di fatto, come lo erano in potenza, e come lo sono l'altre italiane natie. Or questo medesimo è quello che nello studio delle lingue altrui dee fare in noi, in luogo dell'esperienza, l'ingegno e il giudizio nostro; cioè mostrarci, non per prova, come fanno gli scrittori nostri classici, ma per discernimento e {{forza di penetrazione, e}} finezza e giustezza di sentimento, {benchè sprovveduto di prova pratica,} che tali e tali vocaboli e modi sono italianissimi per potenza, onde a noi sta il renderli tali di fatto, sieno o non sieno ancora stati resi tali dall'uso, o da parlatore, o da scrittore veruno; chè ciò a' soli pedanti dee far differenza, e soli  3740 essi ponno disdire o riprendere che tali voci e forme (greche, latine, spagnuole, francesi, o anche tedesche ed arabe ed indiane d'origine, di nascita e di fatto) italianissime per potenza, si rendano italiane di fatto, senza l'esempio di scrittori d'autorità; siccome essi soli ponno concedere e lodare che mille e mille vocaboli e modi niente italiani per potenza, (qualunque sia la loro origine), pur si usino, perchè usati da scrittori classici che infelicemente li derivarono d'altronde, o dalle italiane voci e maniere, o le[li] inventarono. Questi mai non furono nè saranno veramente italiani di fatto (se non quando l'uso e l'assuefazione {+appoco appoco} li rendesse tali ancor per potenza); quelli per solo accidente sono nati in francia o in ispagna o in grecia ec. piuttosto che in italia, ma per {propria loro} natura non sono manco italiani che spagnuoli ec. nè manco italiani di quelli che nacquero in italia (e di quelli che dall'italia altrove passarono), e forse talora ancor più di alcuni di questi, che per solo accidente nacquero tra noi. Siccome per solo accidente e contro la lor natura vennero tra noi que' vocaboli  3741 e modi che nell'italiano son latinismi o francesismi ec., o che i classici scrittori, o che i mediocri, o che i cattivi, o che la corrotta favella gli abbia introdotti e usati, chè queste differenze altresì sono affatto accidentali, e nulle per la ragione. (20. Ott. 1823.).

3408,13408,1FranceGreciaItaliaItaliaItaliaIspagna