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[3791,1]  Or che la specie umana costantemente {e regolarmente} perisca per le sue proprie mani, e ne perisca in questo modo così gran parte e così ordinatamente come avviene per la guerra, è cosa da un lato  3792 tanto contraria {e ripugnante} alla natura quanto il suicidio, conforme di sopra (p. 3784.) si è detto, dall'altro lato priva affatto di esempio {e di analogia} in qualsivoglia altra specie conosciuta, sia inanimata o animata, sia d'animali insocievoli o de' più socievoli dopo l'uomo. Che una specie di cose distrugga e consumi l'altra, questo è l'ordine della natura, ma che una specie qualunque (e massime la principale, com'è l'umana) distrugga e consumi regolarmente se stessa, tanto può esser secondo natura, quanto che un individuo {qualunque} sia esso stesso regolarmente la causa e l'istrumento della propria distruzione. Cani, orsi e simili animali vengono molte fiate a contesa tra loro, e fannosi non di rado del male, ma rado è che una bestia sia uccisa dalla sua simile, anzi pur che ne soffra più che un male passeggero e curabile. E quando pur ne rimanga uccisa, primieramente questo è un di quei disordini affatto accidentali, non voluti, ma neanche provvedibili dalla natura, e di cui ella non ha colpa, accadendo e contro le sue intenzioni e contro le sue provvisioni, che, benchè non in quel caso particolare, nel generale però riescono sufficienti ed ottengono il loro fine. {#1. Questo caso, rispetto alla natura e all'ordine sì generale delle cose, sì generale della specie, è così accidentale come se un animale ammazza un suo simile involontariamente inscientemente ec., o se ammazza nello stesso modo qualche animale d'altra specie ec., o s'è ucciso dalla caduta di un albero, o da un fulmine, o da morbo ec. ec. ec.} Secondariamente che proporzione, anzi che simiglianza può aver l'uccisione di uno o di quattro o dieci animali fatta da' loro simili qua e là sparsamente, in lungo intervallo, e per forza di una passione momentanea e soverchiante, con quella di migliaia d'individui umani fatta in mezz'ora, in un luogo stesso, da altri individui lor simili, niente passionati, che combattono per una querela o altrui, o non propria d'alcun di loro, ma comune (laddove niuno  3793 animale combatte mai per altro che per se solo; al più, ma di rado co' suoi simili, per li figli, che son come cosa, anzi parte di lui), e che neppur conoscono affatto quelli che uccidono, e che di là ad un giorno, o ad un'ora, tornano all'uccisione della stessa gente, e seguono talvolta finchè non l'hanno tutta estirpata ec. ec.? lasciando gli altri infiniti mali e infelicità che reca la guerra ai popoli; mali e infelicità {parte} reali in ogni caso, e che tali sarebbero anche nello stato naturale del genere umano (come le mutilazioni ec.); parte che son tali, posta fra {gli uomini} una società stretta, e le abitudini, e quindi i bisogni, di questa (come la devastazione de' campi, e ruina delle città, e le carestie, oltre le pesti ec. ec.): i quali deono essere riconosciuti per mali massimamente da quelli che sostengono esser propria dell'uomo una società com'è la presente, e com'è quella che cagiona la guerra; ma oltre di ciò eziandio da chi negandola, per così dire, in diritto, dee pur supporla nel fatto, supponendo la guerra ec. e quindi supporre tutte le abitudini e i bisogni ch'ella non può a meno di produrre negli uomini ec. Solamente fra le api, la cui società è naturale, si potrebbe voler trovare un esempio della nostra guerra, fatta in più persone da ciascuna parte ec. Ma ben guardando, anche le battaglie dell'api, oltre che son rarissime e niente regolari e inevitabili (a paragon delle nostre), sono effetto di passione momentanea, come le battaglie singolari {+o poco più che singolari, e inordinate e confuse} de' cani, orsi ec. onde per l'una e per l'altra cagione son da considerarsi per disordini accidentali,  3794 come di quelle dei cani ec. si è detto. Del combattere in due partiti d'una stessa specie, fuor dell'api, non si troverà credo altro esempio che negli uomini, perchè gli altri animali quando anche combattano tra loro in molti, combattono uno contro un altro confusamente senza veruno amico, o ciascuno contro tutti, perchè ciascuno combatte per se solo, mosso dalla propria passione, e a fine del proprio, non dell'altrui nè di commun bene.