[387,1]
Posti questi principii,
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dice l'autore, (cioè i sovresposti p. 378-380.)
consideriamo la filosofia e la
Religione ne' loro rapporti colla felicità.
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E
segue mostrando che la filosofia non rivela nè prescrive nulla fuorchè il
dubbio, tanto ne' principii o nelle verità, quanto ne' doveri: e la Religione
tutto l'opposto. Siamo d'accordo, ma la natura? l'avete dimenticata? Non c'è
altra maestra che la filosofia o la religione? tutte due ascitizie e non
inerenti alla natura dell'uomo. Laddove tutti gli altri esseri viventi, che
hanno lo stesso desiderio infinito della felicità, ne hanno la maestra,
gl'insegnamenti, e i mezzi in se stessi. La natura non insegna nulla? non
prescrive nulla? Concedo la vostra definizione della felicità, ammetto le
facoltà dell'uomo che voi ammettere, dico che debbono esser d'accordo
388 fra loro, d'accordo colle leggi che risultano dalla
loro natura, perfettamente sviluppate secondo la loro natura, godere del loro
oggetto secondo la loro natura. I principii son veri, l'applicazione è falsa.
Voi continuate a stare sull'assoluto invece di passare al relativo. Cioè, la
natura dell'uomo non è quella che voi dite. Del resto so anch'io che la
filosofia è più contraria alla natura che la religione, ma non ne segue che non
ci siano altri insegnamenti se non della Religione o della filosofia, che non ci
siano altre cognizioni, altri amori, altre azioni, cioè quelli che la natura ci
ha ispirati e dettati; nè molto meno che questi non sieno analoghi alle nostre
facoltà, ed alle leggi della nostra natura; nè che l'uomo naturale sia infelice
ec. ec. ec. e che le leggi della nostra natura non sieno quelle della nostra
natura. Convien conoscerle, dic'egli, per conformarcisi. E io dico che l'uomo le
conosce dal suo nascere, e dovea necessariamente conoscerle per non essere un
ente contraddittorio, e bisognoso per esser felice, di cose che non possiede
essenzialmente e primordialmente, al contrario di tutti gli altri enti.
(7. Dic. 1820).