[423,1] Ma il detto effetto delle antiche religioni non poteva
durare, se non quanto durasse la credenza della verità reale di esse religioni:
vale a dire, quanto durasse quella tal misura e profondità d'ignoranza che
permettesse di credere veramente
424 e stabilmente dette
religioni, e gli errori e illusioni naturali che vi erano fondate. Prevalendo
sempre più la ragione e il sapere, e scemando l'ignoranza parziale, quelle
religioni più naturali e felici, ma perciò appunto più rozze, non potevano più
esser credute, nè servire di fondamento a illusioni reali e stabili, alle azioni
che ne derivano, e quindi alla felicità. Le nazioni pertanto disingannandosi
appoco appoco, perdevano colle illusioni ogni vita. Bisognava richiamare quelle
illusioni. Ma come, se restavano e non potevano più allontanarsi la ragione e il
sapere che le avevano distrutte, e la ragione e il sapere erano padroni
dell'uomo? (qui osservate gl'inutili sforzi di Cic. nelle Filippiche, dove si studiava di
richiamare le illusioni come illusioni, non più come verità, perchè tali non
erano più credute; e com'egli non avendo altro fondamento di esse illusioni,
cercava di persuadersi dell'immortalità dell'anima, e del premio delle buone
azioni nell'altra vita; insomma proccurava di farsi nuovamente una ragione delle
illusioni col mezzo di una tal qual religione, e v. gli altri pensieri p.
22
p.
161). Bisognava dunque richiamare quelle illusioni col consentimento,
anzi col mezzo della
425 stessa ragione e sapere. Dico
col mezzo, perchè non c'era altro modo di richiamarle, se non tornare a
giudicarle vere, e questo giudizio non poteva farlo se non la ragione e il
sapere già stabilito. Ma come quella stessa ragione e sapere che le avevano
distrutte, potevano permettere che risorgessero, anzi introdurle di nuovo
nell'anima? Sarebbe convenuto che la ragione rinegasse se stessa. (come conviene
ora a qualunque filosofo vuol vivere). Non c'era altro mezzo se non che una
nuova religione, ammessa e creduta per vera dalla ragione, e conforme ai lumi di
quel tempo: la qual religione tornasse a far la base delle illusioni perdute:
(altrimenti a che valeva nel nostro caso?) in maniera che queste ripigliassero
l'aspetto stabile di verità agli occhi
degli uomini. In somma bisognava che questa religione, nuova base delle
illusioni naturali e necessarie, fosse il parto della ragione e del sapere. O
parlando cristianamente, bisognava che una espressa rivelazione assicurasse la
ragione, che quelle credenze ch'ella aveva ripudiate, erano vere. Ecco dunque
arrivata la necessità di una religione perfettamente ragionevole
426 (cioè rivelata, perchè senza il fondamento della
rivelazione, come può una perfetta ragione credere o tornare a credere quello
che, umanamente parlando, è veramente falso?) o almeno perfettamente conforme a
quella tal misura della ragione e sapere di quei tali tempi. Ed ecco il punto in
cui comparve il Cristianesimo, cioè quel momento in cui l'eccessivo progresso
della ragione e del sapere, negando tutto o dubitando di tutto (perchè tutto è
veramente falso o dubbio senza la rivelazione), spegnendo tutte le illusioni o
credenze primitive, gettava l'uomo nell'inazione, nell'indifferenza,
nell'egoismo (e quindi nella malvagità); riduceva la vita affatto morta, e
barbara di quella orrenda barbarie nella quale, in maggior grado però, siamo
caduti in questi ultimi secoli: quel momento in cui la virtù, l'eroismo, l'amor
patrio, l'amore scambievole ec. erano considerati per quei fantasmi che sono
(umanamente parlando): quel momento in cui per conseguenza erano rotti tutti i
legami sociali, e anche individuali, cioè dell'uomo con se stesso e con la vita:
quel momento in cui non solo le illusioni primitive, ma anche quelle che si
sviluppano naturalmente nell'uomo ridotto in società,
(quali sono quasi tutte le illusioni sopraddette), erano pure estinte:
427 quel momento a cui forse si dee riferire il maggior
progresso della setta scettica o Pirroniana. (V. Diog. Laerz. l. 9, Luciano passim, e Sesto Empirico, i quali furono bensì sotto Aurelio, e Comodo, cioè dopo nato il Cristianesimo, ma non però
divulgato, anzi bambino).